105 mila i cristiani uccisi nel 2012 per la loro fede. Intervista a Introvigne

La Chiesa festeggia oggi Santo Stefano, il primo martire, che mentre veniva lapidato chiese al Signore di non imputare questo peccato a coloro che lo stavano uccidendo. Il pensiero va, dunque, ai tanti cristiani che nel mondo soffrono persecuzioni o vengono uccisi per la loro fede in Gesù Cristo. A confermare quanto questo fenomeno sia purtroppo ancora diffuso, è il coordinatore dell’Osservatorio della libertà religiosa in Italia, Massimo Introvigne nell’intervista di Debora Donnini:
R. – Il centro forse più avanzato di statistica religiosa è quello fondato e diretto – fino alla sua morte nel 2011 – da David Barret, negli Stati Uniti. Secondo questo centro, si stima che anche quest’anno, nel 2012, siano stati uccisi per la loro fede 105 mila cristiani: questo significa un morto ogni 5 minuti. Le proporzioni, dunque, sono spaventose…
D. – Ci sono Paesi, come la Nigeria, dove a causa della violenza fondamentalista dei Boko Aram è pericoloso perfino andare a Messa, cioè andare a Messa significa rischiare la vita…
R. – Le aree di rischio sono molte, se ne possono identificare sostanzialmente tre principali: i Paesi dove è forte la presenza del fondamentalismo islamico – la Nigeria, la Somalia, il Mali, il Pakistan e certe regioni dell’Egitto – i Paesi dove esistono ancora regimi totalitari di stampo comunista, in testa a tutti la Corea del Nord e i Paesi dove ci sono nazionalismi etnici, che identificano l’identità nazionale con una particolare religione, così che i cristiani sarebbero dei traditori della Nazione, penso alle violenze nello stato dell’Orissa, in India. Certamente, in molti di questi Paesi andare a Messa o anche andare al catechismo – in Nigeria c’è stata anche una strage di bambini che andavano a catechismo – è diventato di per se stesso pericoloso.

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