A margine della risposta della Commissione Europea ( CM/896443IT doc. PE 485.999v01-00) sulla Petizione n.1003/2011 di Previte Francesco Felice per una Legislazione comune a livello Europeo per gli handicappati psichici e se è possibile progredire verso una Legislazione comune per la tutela delle malattie mentali

All’On. Antonio Taiani

Presidente del Parlamento Europeo

SEDE

Oggetto : A margine della risposta della Commissione Europea ( CM/896443IT doc. PE 485.999v01-00) sulla Petizione n.1003/2011 di Previte Francesco Felice per una Legislazione comune a livello Europeo per gli handicappati psichici e se è possibile progredire verso una Legislazione comune per la tutela delle malattie mentali .

 

Signor Presidente del Parlamento Europeo, 

mi rivolgo ancora una volta a Lei, anche a nome di quanti voce non hanno, ben conoscendo la Sua grande virtù dell’essere molto vicino alla realtà quotidiana, per la quale ha già dimostrato di essere molto comprensivo nel ridare e nel riconoscere ai singoli dignità, umanità, fiducia, esigenze fondamentali della civiltà.

Onde prevenire abusi, maltrattamenti e disagi sociali in ambito Europeo, ho chiesto alla Commissione Europea, mediante una Petizione rubricata al n.1003/2011, l’adozione di una Normativa o Direttiva Comunitaria UE uguale e con la stessa valenza a favore, in tutti gli Stati Membri della UE, degli handicappati psichici .

In sintesi, la risposta burocratica è stata negativa, rinviando le responsabilità organizzative e prestazione dei servizi sanitari inerenti i sofferenti di disagio mentale ai singoli Stati Membri della UE ( 16 marzo 2012 CM/896443IT.doc PE 485999v01-00 ). Fin qui forse giusti ! 

Mi permetto commentare solo quanto afferma la Commissione Europea, la quale ha disposto che “ è vincolata a rispettare gli obblighi” della Convenzione sui diritti delle Persone con disabilità“ delle Nazioni Unite”, mentre ha esaurito e dimenticato la disanima di quanto da me richiesto, quasi un lavarsi le mani come Pilato, senza considerare quanto recita l’art.1 con “ l’obiettivo di promuovere, proteggere ed assicurare pari diritti alle persone disabili nel rispetto della dignità di ognuno”, concetto già ribadito dall’art. II-61 della Costituzione Europea.

Aver infranto delle regole di speranza, hanno richiamato un passato che indigna, un futuro che disarma, una ingiustizia causata da una imposta“situazione anomala” .

Signor Presidente del Parlamento Europe la risposta della Commissione Europea mi obbliga, dal momento che la stessa richiama quel quadro giuridico di applicazione, ad una umile esposizione della problematica mentale. 

1.) Con il 30 marzo 2018 è trascorso il l’undicesimo anno dalla sottoscrizione a New York della “Convenzione”, un testo di valenza internazionale a cui hanno aderito 191 Paesi membri dell’ONU, che richiama i principi della “Dichiarazione Universale dei diritti dell’uomo” del 10 dicembre 1948.

La n/s Associazione sostiene la validità, in maniera parziale, del Documento ONU avendo già constatato amaramente che non sono emerse attenzioni specifiche verso i malati mentali, che non possono partecipare alle attività sociali e culturali volute dalla “Convenzione” stessa.

E’ superfluo, ma necessario evidenziare che il termine disabilità spesso viene utilizzato in un modo non chiaro, una terminologia riflettente un approccio clinico e diagnostico che ignora ed accomuna le imperfezioni e le limitazioni della persona, quindi nella generica interpretazione è considerata quale privazione della forza fisica comprendente anche quella psichica.

La disabilità viene comunemente considerata come unica condizione dello status della persona, riassumendo un gran numero di limitazioni fisiche, mentre l’ handicap significa la perdita, per limitazioni psichiche, di prendere parte in uguale misura alla vita della comunità, cioè ad un livello uguale a quello degli altri speciale dossier  

Il termine disabilità, quindi, considera l’eliminazione delle molte barriere etiche-sociali ancora esistenti nel consesso civile onde mettere in grado le persone disabili di svolgere le attività quotidiane e di partecipare attivamente e materialmente alla vita sociale come i normodotati.

Il termine di handicap è da considerare come riferito ad una sua natura specificatamente e particolarmente psichica, come difficoltà psicologica, menomazione o involuzione della mente, ostacolo o svantaggio in origine, manifesta inferiorità che impedisce di esprimere quel processo e complesso di efficienza globale e continua nel segno di una inferiorità autonoma di volontà intellettiva congenita od acquisita, come ritenuta dalla stessa Organizzazione Mondiale della Sanità e parte integrante, in Italia, della legge 104/1992.

Ora nella “Convenzione” non è stato sufficientemente stabilito il grado di differenziazione tra disabile, cioè di colui che è privato di una forza fisica e l’ handicappato cioè colui che ha ricevuto uno svantaggio in partenza, un ostacolo, un intralcio, una inferiorità interna che impedisce di manifestare il massimo della potenzialità meno fisica e più psichica. 

2.) A questo punto è quasi superfluo, ma ugualmente necessario, rilevare che l’handicappato psichico abbisogna, come paziente malato, di cure mediche, di attrezzature ad alta tecnologia atte alla prevenzione, alla cura ed all’eventuale inserimento sociale ed affettivo per ogni suo periodo di sofferenza e non di propositi lavorativi come afferma e contempla l’articolo 27 della “Convenzione”.

Nel Preambolo si richiamano i principi proclamati dalle Nazioni Unite, comprensivi di quanto ha affermato la “Dichiarazione dei diritti dell’handicappato mentale” del 20 dicembre 1971 dell’ONU dove si sostiene che  “l’handicappato mentale deve godere di tutta la misura possibile degli stessi diritti degli altri esseri umani”.

Quella evidente “inferiorità psichica” può portare a gravi conseguenze per la famiglia e per la società se non si danno misure sanitarie-etiche-sociali-legislative specifiche per ridurre: “i rischi dell’esclusione sociale senza discriminazione ,come anela giustamente la “Convenzione” stessa ( artt. 3, 5; ); “riconoscendo la disabilità un concetto in evoluzione”( Preambolo lettera e); “ la diversità”(Preambolo lettera i); “ rispetto per la differenza” (art.3 lettera d).

Ora come può un “soggetto disabile ”, non riconosciuto espressamente handicappato mentale, compiere “ proprie scelte” art.3 lettera a) che richiedono coesione di intelletto o responsabilità; oppure “ controllare i propri affari finanziari ed avere uguale accesso a prestiti bancari, mutui ipotecari” art.12 lettera 5); avere “ la veste di testimonio” art.13/1; la “ piena capacità mentale” art.26/1 ; “il diritto a mantenersi attraverso il lavoro comprensivo ed accessibile”art.27.

La “Convenzione” non pone alcuna distinzione sulla natura delle minorazioni o menomazioni consentendo di godere della “capacità giuridica” art.12/2, non valutando l’incapacità di agire delle persone che non possono rappresentarsi da sole, in quanto con una disabilità psicosociale ancora in atto nella maggioranza dei Paesi porta ad essere rinchiusi in “manicomi” e privati della rappresentanza legale.

La “Convenzione” non considera specificatamente l’handicappato mentale, perché l’uso del termine malato come sinonimo di persona con disabilità non è quello promosso dalla stessa, la quale segna un distacco molto chiaro da un approccio medico-assistenziale ad un approccio legato ai diritti umani.

Ed è per questo che sarebbe opportuno sperare che la “Convenzione” nel quadro della strategia mondiale di salute pubblica che si è preposta, adottasse specifiche normative, che non ha compiuto, in favore del malato mentale ed esortasse gli Stati aderenti ad abolire forme di discriminazione, specialmente in riferimento ai Paesi in via di sviluppo.

Quindi è evidente e necessaria una trasformazione radicale dei sistemi di tutela e di presa in carico delle persone che non possono rappresentarsi da sole, o che sono ritenute tali a vivere in maniera indipendente, come invece riconosce l’art.19, auspicando che l’Europa, come l’Italia, “adotti appropriate misure legislative” come recita l’art.4/a e seguenti.

In ultima analisi ove si negasse al rapporto de quo il diritto al riconoscimento dell’handicappato mentale, ma si capirebbe cosa esso in realtà sia, si compirebbe una discriminazione di cui, ripeto, sancita dall’ art.5 della “Convenzione”, dall’articolo 13 del Trattato dell’Unione Europea, dall’art.II-81 della Costituzione Europea ribadita dal recente Trattato di Lisbona, a meno di non creare una nuova figura giuridica al pari, mi sia consentito il paragone, di un fantasma senza nome e senza volto che si aggira nell’ambito delle Nazioni Unite e dell’Unione Europea, Italia compresa, di cui tutti cercano di liberarsi o di sottovalutare.2 

Anche la Santa Sede, che in appieno condividiamo, con la Dichiarazione del 13 dicembre 2006 ha chiaramente ammesso l’aspetto lodevole della “Convenzione”, pur non offrendo una cauzione morale nel Testo nel suo insieme,  raccomandando ai Paesi firmatari di apporre precise riserve e tali da escludere ogni riferimento all’aborto, sia come diritto che come modalità e metodo della salute riproduttiva.( artt.23 e 25 della “Convenzione”). 

Siamo per la vita, Signor Presidente del Parlamento Europeo, dono incommensurabile del Creatore, per metodi naturali e non per programmi contraccettivi che distruggono la società civile! 

3.) In conclusione una forte azione di riorganizzazione dell’assistenza sanitaria e legislativa delle malattie mentali in Italia e nell’Europa dei suoi Stati Membri è opportuna ed urgente, anche perché la crisi di valori e l’affermazione di disvalori accrescono la solitudine, fanno cadere le tradizionali forme di coesione sociale, sfaldando i gruppi di aggregazione, in particolare sul piano culturale e screditano la famiglia cellula primaria della società.

La dominante cultura della n/s società sempre più chiusa ed egoistica non ci deve quindi portare a dimenticare o emarginare la sofferenza, perché ciò può portare gravi conseguenze sulla salute mentale dei cittadini. 

Onorevole Presidente, mi sia consentito il ripetere, di fronte ai disagi ed alle sofferenze delle persone affette da handicap mentale, assistiamo a tentativi di legalizzare l’eutanasia ( vedi il budget del ricoverato in Italia ), presupponendo così di combattere non la malattia, ma discriminare ( per non dire eliminare) i disabili fisici e gli handicappati psichici, anziani non autosufficienti, malati terminali.

Quel “budget del ricoverato” oggetto di una n/s Petizione ( n.787 alla Camera dei Deputati e n. 911 al Senato della Repubblica) e quanto abbiamo esposto a commento di quanto ha risposto la Commissione Europea, focalizza le necessità di una particolare tutela ed assistenza sanitaria ed ospedaliera per categorie di pazienti fragili quali persone in età avanzata e talora anche cagionevoli di salute, disabili fisici e psichici, malati terminali, persone sovente bisognose di prestazioni sanitarie costanti ed onerose, al fine di evitare situazioni di abbandono come, pare, stia avvenendo negli ospedali, “violando” l’art.25 lettera f) della “Convenzione sui diritti delle Persone con disabilità” dell’ONU.

Alcune argomentazioni in difesa della qualità della vita potrebbero nascondere un disegno di selezione del genere umano, in quanto con la scusa di lenire il dolore si potrebbe arrivare ad annientare chi veramente soffre o chi potrebbe soffrire una volta venuto al mondo. 

Qui di seguito si apporta un quadro riassuntivo ed esplicativo sulla “Convenzione sui Diritti delle Persone con Disabilità”.

Il 6 dicembre 2006 a New York l’ONU ha proposto ai 191 Paesi contraenti un impegno costante in un Documento in favore della parità dei diritti per un’esistenza più dignitosa alle persone portatrici di disabilità.

E’ una tematica cruciale quella condensata nella “Convenzione sui Diritti delle Persone con Disabilità”, approvata dall’Assemblea Generale delle Nazioni Unite, dopo ben 5 anni di trattative.

Un Testo di riporto storico, che l’Italia ha firmato il 30 marzo 2007 non solo limitandosi all’accettazione di una “Cart” di principi generali, ma nell’osservanza di un vero e proprio vincolo giuridico, impegnandosi ad uniformare la propria legislazione a quelle norme di diritto internazionale per la protezione e la difesa della dignità umana, sia verso i disabili fisici che verso gli handicappati mentali, non valutando la evidente discriminazione operata nei confronti delle persone con disordini psichici.

Per la diversificazione tra disabile fisico e handicappato mentale, l’Italia e la UE dovevano apportare nella propria legislazione quelle “appropriate misure legislative” secondo l’art. 4 della “Convenzione”.

Il voler accomunare la persona con minorazioni fisiche a quella con menomazioni mentali, senza riconoscere la diversità (Preambolo lettera i), si è attuata quella discriminazione che non rispetta la differenza della disabilità.

Ci chiediamo e domandiamo: come può una persona handicappata mentale, fra le principali in sede giuridico-legislativa, compiere:
“proprie scelte” che richiedono coesione di intelletto e responsabilità; art. 3/a
“ capacità giuridica” art.12/2
“controllare i propri affari finanziari ed avere uguale accesso a prestiti bancari, mutui ipotecari; art.12/5
“veste di testimoni in giudizio”; art.13/1
“vivere in maniera indipendente”; art.19
“piena capacità mentale”; art. 26/1
“diritto a mantenersi attraverso il lavoro comprensivo ed accessibile”; art. 27
“di sposarsi” , quando necessitano condizioni di valutazione del concetto giuridico di consenso e volontà? art. 23/a

 

Signor Presidente del Parlamento Europeo, Le chiediamo di adottare norme migliorative in una legge-quadro o Direttiva Comunitaria di riforma dell’assistenza psichiatrica, rispettando le regole della “Convenzione sui diritti delle persone con disabilità” a tutela dei diritti dei malati, per le loro famiglie e per la sicurezza di tutti i cittadini, pur lasciando agli Stati Membri UE la organizzazione dei servizi ed il carico finanziario, attendiamo con fiducia una Sua cortese risposta.

 

Con deferenti ossequi

Previte Francesco

[email protected]

Previte Francesco Felice

Via San Camillo, 1

Presso Istituto RR Suore Figlie di San Camillo

95010 Sant’Alfio (CT) – Italia

Italia – 2 aprile 2018

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