ADOZIONI GAY/ Cosa può pensare un bambino che perde il padre e si ritrova 2 madri?

giovedì 21 febbraio 2013 –  Paola Binetti

Il Si della Corte europea all’adozione dei figli del convivente gay si colloca lungo una chiave interpretativa del diritto che da tempo viene ripetendo: tutte le coppie hanno gli stessi diritti. Per quanto riguarda la Convenzione europea dei diritti dell’uomo gli articoli di riferimento sono due: l’articolo 8 che esige il rispetto per la vita privata e familiare delle persone e l’articolo 14 che impone il divieto di discriminazione. Anche quando si tratta di coppie diverse tra di loro, come accade per le coppie formate da due donne o da due uomini o per le coppie formate da un uomo e da una donna. O di coppie che hanno contratto un vincolo forte davanti alla società rispetto a coppie che hanno scelto di mantenere un livello di libertà e di reciproca autonomia tra di loro, come molte delle coppie di fatto. Riconoscere e ammettere la diversità delle situazioni e dei contesti sembra diventare automaticamente una sorta di discriminazione penalizzante che va rimossa, fino a punto di negare l’oggettività di un dato come la diversità.

La premessa della Corte europea è quindi che tutte le coppie, comunque siano formate e qualunque sia il vincolo che le lega, abbiano gli stessi diritti. I giudici di Strasburgo hanno riconosciuto che la tutela della famiglia tradizionale e il benessere del bambino sono fini legittimi. Ma poi hanno deliberato a maggioranza, 10 a favore e 7 contrari, che non può essere giustificata la sentenza dei magistrati austriaci, dalla quale si evidenziava disparità di trattamento tra coppie omosessuali e coppie eterosessuali. Concretamente la sentenza afferma il diritto delle coppie omosessuali ad accedere all’adozione dei figli avuti precedentemente dai loro partner.

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