Alla disperata ricerca della quotidianità « SibiaLiria

Quella che segue è una testimonianza dalla Siria, raccolta in una conversazione telefonica e tradotta. Uno sfogo a cuore aperto da una siriana come tanti che assiste, suo malgrado, alla progressiva rovina del suo Paese per mano di quelli che si ergono falsamente a baluardo della “libertà”.

Pierangela Zanzottera

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Un mese fa mio figlio ha compiuto un anno. E’ il frutto di questa arida primavera, concepito nel marzo 2011 e cresciuto insieme alle tensioni. La mia famiglia non l’ha ancora mai visto. E pensare che abitiamo a soli 80 chilometri di distanza. Una distanza impercorribile da 20 mesi ormai. Per me, che vivo in un piccolo villaggio nella provincia di Hama, attraversare le zone che ci circondano, con cinque figli piccoli, è un’impresa impensabile.

Mi manca, la mia famiglia. Mi mancano i nostri viaggi avanti e indietro ad ogni festività o una volta al mese nei giorni di chiusura delle scuole, verso la casa natale. Arrivare nello smog cittadino per me, quasi assuefatta all’aria di campagna, era come tornare a respirare. Mi mancano le giornate passate con le mie sorelle, a confrontarci sulle nostre vite da adulte e ricordare quelle da bambine. Mi mancano le nostre litigate, il nostro diverso modo di affrontare il mondo. Mi mancano i miei genitori, che ora vivono soli nella loro grande casa, senza nessuno che li possa assistere o proteggere da vicino. Mi manca non sapere quando potrò riabbracciarli.

Da qui, insieme a mio marito che lavora un giorno sì e due no, seguiamo le notizie del Paese. Nei mesi che abbiamo passato in completo isolamento, senza rete telefonica o internet, solo la tv – nelle ore in cui non era interrotta la corrente elettrica – e il passaparola ci tenevano collegati al resto del Paese. E’ così che siamo venuti a conoscenza di Hula, a pochi chilometri da noi, e così abbiamo scoperto di Aqrab.

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