Ambasciatore gay, la Santa Sede non può cedere | La Nuova Bussola Quotidiana

di Riccardo Cascioli13-04-2015

La terribile reazione del presidente dell’Arcigay Flavio Romani alla notizia che la Santa Sede rifiuta la nomina dell’ambasciatore francese perché omosessuale, lascia intuire quanto questa vicenda sia importante. «Il Vaticano è come l’Uganda dove gay e lesbiche sono perseguitati da chiese fanatiche» e il Papa che predica bene («Chi sono io per giudicare i gay?») e poi razzola male discriminando i gay stessi «è una zavorra per la civiltà, anzi una minaccia», sono le parole fuori controllo di Romani.

La storia è nota ed è stata raccontata da La Nuova BQ nei giorni scorsi (clicca qui): lo scorso 5 gennaio la Francia – si dice che sia una scelta personale di Hollande – designa Laurent Stefanini quale nuovo ambasciatore presso la Santa Sede. Ma la risposta vaticana di accettazione, che normalmente non tarda più di sei settimane, non è ancora arrivata e la settimana scorsa i giornali francesi hanno parlato chiaramente di rifiuto dovuto all’omosessualità nota di Stefanini, rifiuto che – dicono alcune fonti – viene direttamente dal Papa.

Il “no comment” del Vaticano tradisce l’imbarazzo della situazione, tanto più che viene riferito che la candidatura di Stefanini sia stata approvata dall’arcivescovo di Parigi, il cardinale André Vingt-Trois. Secondo quanto riportato da Vatican Insider, lo scorso 5 febbraio il nunzio apostolico a Parigi, l’arcivescovo Luigi Ventura, ha incontrato Stefanini invitandolo a fare un passo indietro per risolvere la delicata situazione, ma ne ha ottenuto un rifiuto. E l’altro giorno il quotidiano cattolico francese La Croix riferiva che Hollande è deciso a insistere su Stefanini. «È la migliore personalità per quel ruolo», ripete più volte Vatican Insider citando il Quai d’Orsay, e sottolinea che l’eccezionalità del caso sta nel fatto che Stefanini è un «credente» seguito nel suo cammino dall’arcivescovo di Parigi, «ha sempre vissuto da celibe, non si è mai sposato né religiosamente né civilmente». «È un cattolico praticante», insiste Vatican Insider, forse a suggerire che in fondo questo conta molto più di un orientamento sessuale non conforme alla dottrina.

Non abbiamo elementi per entrare nel merito della vicenda personale di Stefanini, a parte quello che è emerso dalle poche fonti in questi giorni, anche se non può non lasciare perplessi il modo disinvolto con cui si vuole conciliare l’essere “cattolico praticante” con l’affermazione positiva della propria omosessualità (nessuna dichiarazione di vivere in castità risulta) e il sostegno alla legge Toubira che ha introdotto in Francia il matrimonio fra persone dello stesso sesso.

Ma pur tralasciando questi particolari, è evidente che la questione dell’omosessualità di Stefanini non è più una questione di vita privata. La vicenda ha ormai un rilievo pubblico, voluto evidentemente dalla Francia per forzare la mano. Il tentativo è quello di costringere la Santa Sede a fare un passo che farebbe non soltanto saltare la regola che vuole che gli ambasciatori in Vaticano non abbiano situazioni matrimoniali irregolari e comportamenti morali in contrasto con gli insegnamenti della Chiesa, ma soprattutto aprirebbe a un cambiamento dell’insegnamento della Chiesa in materia di omosessualità.

A questo punto, visti i termini con cui la vicenda è diventata pubblica, se la Santa Sede accettasse Stefanini come ambasciatore il messaggio – aldilà delle intenzioni – sarebbe quello di sdoganare l’omosessualità e accettarla come una variante naturale della sessualità. Sarebbe la sconfitta nella sfida che aveva preconizzato con chiarezza Benedetto XVI nel discorso alla Curia Romana del 21 dicembre 2012, quando disse che l’ideologia di genere – e quindi la promozione dell’omosessualità – rappresentava il rovesciamento del piano della Creazione, ovvero l’affermazione dell’uomo come maschio e femmina.

Tale sovvertimento non è l’obiettivo soltanto del governo francese e delle elités illuminate dell’Occidente che gestiscono il circuito dei media, ma anche di un settore della Chiesa cattolica che sta adoperando anche il Sinodo sulla famiglia per promuovere questa agenda (come abbiamo documentato più volte). Non c’è dubbio, purtroppo, che ci sia anche una parte del clero e dell’episcopato che aspetta questa svolta per “regolarizzare” la propria posizione.

Per questo è ancora più importante che la Santa Sede tenga duro nel suo silenzio-diniego e aspetti la nomina di un altro ambasciatore. La conseguenza sarebbero certamente le becere reazioni del mondo gay e di tanta intellighentia europea, di cui le “serene” dichiarazioni di Romani sono un antipasto, ma cedere su questo punto avrebbe conseguenze incalcolabili nella Chiesa e nella società.

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