Anne-Marie, l’angelo del Tuareg | Cultura | www.avvenire.it

Nei primi anni Novanta gli espatriati d’origine europea ammassano in fretta armi e bagagli per lasciare il Nord del Mali, in preda a tensioni crescenti e alla ribellione tuareg. Nel Gourma, regione desertica inclusa nel grande arco che il fiume Niger traccia prima di varcare la frontiera con l’omonimo Stato, resta una sola persona bianca: una suora bretone di cinquantasei anni, che ha da poco brillantemente ottenuto in Francia un dottorato in Medicina dopo aver intrapreso un decennio prima una maratona di studi capace in genere di scoraggiare anche tanti ventenni gagliardi. La seconda vita africana di Anne-Marie Salomon, classe 1934 e a lungo insegnante di matematica e fisica presso gli istituti cattolici dell’Ovest francese, è cominciata di fatto nel 1990 a Kaïgourou, contrada adiacente al borgo sperduto di Gossi, di fronte a uno specchio acquitrinoso che i locali, tutti musulmani, chiamano “lo stagno”. Qui, convergono da sempre, a ogni nuova carestia, gli allevatori nomadi che hanno visto i propri capi decimati. Ed è qui che nel 1985 suor Anne-Marie era giunta un giorno durante uno stage maliano condotto nel corso degli studi. Di fronte all’immane miseria degli accampamenti di fortuna in mezzo ai radi arbusti, la religiosa aveva promesso ai nomadi di ritornare. La promessa sarà mantenuta. Eccome. A Kaïgourou, la religiosa arruola come guida, interprete e autista Zado, un musulmano molto credente rimasto da allora il suo collaboratore più fedele: «Dio l’ha messo sulla mia strada», ama raccontare suor Anne-Marie per spiegare un’intesa perfetta che sarà poi seguita da tante altre collaborazioni. Spunta così, con i mezzi più poveri e in una delle più desolate e torride lande africane ciò che potrebbe sembrare a prima vista un miraggio. Oppure un miracolo. I quattro edifici di fango essiccato di un ospedale per nomadi, attorno al quale le famiglie che hanno trasportato un malato possono liberamente accamparsi anche per mesi interi. L’istituzione diventa in fretta ben nota nella regione e non solo, tanto che giungono a Kaïgourou nomadi anche da Niger, Algeria e Mauritania. Per suor Anne-Marie passano gli anni, ma non l’incontenibile energia che le permette di svegliarsi alle sei per pregare in un piccolo oratorio personale, prima d’iniziare l’abituale e interminabile giornata di visite: anche cento al giorno, con tante donne incinte, ma spesso pure per malattie come malaria, tubercolosi e Aids. C’è chi la chiama “dottoressa”. Ma molto più spesso, la gente si rivolge semplicemente ad “Anne-Marie” e, nel caso dei bambini, ad “Anne-Marie Biscotto”, come l’hanno soprannominata per via delle distribuzioni alimentari. Del resto, è una regola che la suora si è imposta fin dall’inizio: inutile somministrare medicine senza aggiungere un buon sacco di miglio o altre derrate di prima necessità.

Altra regola, anch’essa fondamentale: «Non intraprendere nulla che non sia stato richiesto o studiato dalle persone del posto». In proposito, la suora non ha mai risparmiato critiche alle Ong che giungono in Africa con i propri business plan e senza ascoltare la gente.

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