Appello del patriarca di Babilonia dei caldei affinché i musulmani rispettino le prescrizioni non violente del Corano. Peggiora di ora in ora la situazione dei cristiani in Iraq|Il Sismografo

L’Osservatore Romano
Peggiora di ora in ora la condizione dei cristiani in Iraq. Dopo che centinaia di famiglie nei giorni scorsi sono state costrette a fuggire e ad abbandonare i propri villaggi e le proprie abitazioni sotto la minaccia delle milizie jihadiste dello Stato islamico dell’Iraq e del Levante (Isis), ora, nel tentativo di piegare la popolazione di Mosul e delle altre località della provincia settentrionale irachena di Ninive, il gruppo estremista ha improvvisamente lasciato senza acqua, luce e gas quelli che ancora resistono alle sue minacce. In varie zone di Ninive, che è sotto il controllo degli estremisti islamici, sono in aumento gli sfollati interni.
Tra questi famiglie cristiane che nei giorni scorsi sono state costrette ad abbandonare i propri beni sotto la minaccia dell’ultimatum dei jihadisti (conversione all’islam o morte) e per la mancanza dei servizi di base.
Domenica pomeriggio, poi, i miliziani jihadisti si sono impossessati anche dell’antico monastero di Mar Behnam, a dieci minuti dalla città di Qaraqosh, in maggioranza cristiana, fino a sabato scorso gestito dai monaci siro-cattolici. «La comunità internazionale — ha sottolineato, commentando i fatti accaduti a Mar Behnam, il sacerdote Nizar Semaan, collaboratore dell’arcivescovo di Mossul dei Siri, monsignor Yohanna Petros Moshe — fa registrare una inquietante passività davanti a ciò che sta accadendo. Occorre porre in atto misure concrete sul piano umanitario e politico».
In una lettera aperta, indirizzata «a tutti gli uomini di buona volontà e a coloro che si preoccupano per la nazione irachena», il patriarca di Babilonia dei caldei Louis Raphaël Sako I, ricorda che le recenti azioni di violenza sono contrarie al Corano e danneggiano la grande storia comune di impegno di tutti gli iracheni per la nazione. Scrive il patriarca: «I cristiani — sin dall’avvento dell’islam e in particolare nel nostro Oriente — hanno condiviso con i musulmani ricordi felici e amari, hanno mischiato il sangue per la difesa dei propri diritti e delle proprie terre, hanno costruito insieme città, civiltà ed eredità comune». È «una vergogna — continua — che ora i cristiani vengano rigettati, espulsi e limitati nella loro vita. È ovvio che questo fenomeno avrà conseguenze disastrose nel concetto stesso di coesistenza fra la maggioranza e le minoranze, e persino fra gli stessi musulmani, nel breve e nel lungo periodo. L’Iraq è sull’orlo di un disastro umanitario, culturale e storico».
Ecco perché, si legge ancora nella lettera, «noi ci appelliamo con calore fraterno, in maniera seria e con un senso d’urgenza, ai nostri compagni iracheni». Essi «devono riconsiderare la propria strategia e rispettare gli innocenti disarmati, di qualunque etnia, religione o setta. Il Corano impone il rispetto degli innocenti e non chiede il sequestro forzato delle proprietà delle persone: al contrario esso predica l’aiuto per le vedove, gli orfani, i deboli e coloro che non hanno difesa. Raccomanda persino di aiutare tutti i vicini».
Conclude Sako: «Chiediamo anche ai cristiani della regione di adottare razionalità e acume, calcolando bene le loro opzioni e cercando di comprendere cosa è previsto per la loro regione, andando avanti con amore e solidarietà per costruire una vera fiducia in loro stessi e nei vicini. Radunatevi vicino alle vostre chiese, siate pazienti, sopportate e pregate fino a che la tempesta non sarà passata».
Le azioni di rappresaglia dello Stato islamico dell’Iraq e del Levante contro la comunità cristiana non sono comunque gradite da tutta la popolazione irachena. Domenica sera, infatti, un gruppo di musulmani di Baghdad, uomini e donne, si è riunito davanti alla chiesa caldea di san Giorgio per condannare gli attacchi alla comunità cristiana di Mosul e per portare la propria solidarietà e vicinanza alla comunità minacciata. Alcuni di loro si sono presentati davanti alla chiesa con un cartello dove c’era scritto: «Sono un cristiano iracheno». I fedeli caldei che li hanno raggiunti dopo la messa — secondo quanto riferisce l’agenzia AsiaNews — hanno cantato insieme a loro l’inno nazionale. Molti musulmani hanno dichiarato: «La mia casa è aperta per il mio fratello cristiano».
Il patriarca di Babilonia dei Caldei li ha ringraziati, sottolineando che «questo raduno porta speranza per un nuovo Iraq. Penso soprattutto ai giovani, che hanno il compito e il dovere di cambiare la situazione». Secondo monsignor Sako, «è una vergogna e un crimine cacciare persone innocenti dalle proprie case e confiscare le loro proprietà perché sono “diversi”, perché sono cristiani. Il mondo intero deve ribellarsi contro queste azioni abominevoli. Noi cristiani amiamo i musulmani e li consideriamo fratelli; essi devono fare lo stesso». Prima di tornare alle proprie case, i cristiani hanno recitato il Padre Nostro e i musulmani la sura al Fatiha (la prima del Corano, che rappresenta il “sunto” del credo musulmano).
A confermare che quanto sta accadendo in Iraq è davvero tragico e che la comunità cristiana è in grave pericolo vi sono continue testimonianze che giungono da consacrati che rimangono nonostante tutto in mezzo a chi ha bisogno, esponendosi a gravi pericoli. Fra questi suor Maria Hanna, priora generale delle suore domenicane, che su quanto sta accadendo in queste ore in particolare a Qaraqosh ha scritto una lettera, che è stata diffusa dalla consorella Madeleine Fredell. Nella missiva suor Maria Hanna racconta il pericolo e i disagi per i cristiani della piana di Ninive e di altre città come Mosul ed Erbil.
Da quando i miliziani dello Stato islamico hanno preso il controllo di Mosul, il 10 giugno scorso, la mancanza di combustibile e di luce elettrica sono ormai una costante per la popolazione assediata e sotto il controllo dei jihadisti. Adesso a queste complicazioni, si unisce la mancanza di acqua, una punizione per i cittadini «infedeli» che per la loro religione non hanno giurato lealtà ad Abu Bakr al Baghdadi, il capo dello Stato islamico e la massima autorità di quel califfato islamico che il gruppo estremista dichiara di aver istituito nei territori controllati in Iraq e in Siria.
Nei giorni scorsi, i miliziani dell’Isis avevano segnato le abitazioni dei cristiani con una grande «N». Lo scopo era di far vedere a tutti che lì abitavano dei “Nazareni”, come sono chiamati i cristiani nei Paesi arabi. «È possibile — ha dichiarato il vescovo ausiliare di Babilonia dei Caldei, monsignor Shlemon Warduni — che cose di questo genere possano avvenire nel mondo di oggi? Dov’è il Governo? Dove sono i diritti umani, le Nazioni Unite, la comunità internazionale?». L’Osservatore Romano, 22 luglio 2014.

Fonte: Il Sismografo.

Print Friendly, PDF & Email
Questa voce è stata pubblicata in Africa e Medio Oriente e contrassegnata con , , . Contrassegna il permalink.

I commenti sono chiusi.