Asia Bibi, il Pakistan nel caos dopo la sentenza: città paralizzate dalle proteste – La Stampa

Scioperi, strade bloccate, scuole chiuse a seguito dell’annuncio del leader del partito radicale islamico di aver fallito i colloqui con il governo contro la liberazione della donna

AP

Ultima modifica il 02/11/2018 alle ore 15:48

REDAZIONE
ROMA

Non si placa l’ondata di proteste che da tre giorni stanno quasi paralizzando numerose città del Pakistan a seguito all’assoluzione di Asia Bibi da parte della Corte Suprema . Dopo un calvario giudiziario di circa dieci anni e la mobilitazione del mondo intero, la contadina cristiana è stata scagionata il 31 ottobre dall’accusa di blasfemia per cui era stata condannata a morte.

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Il rilascio della donna non è peraltro ancora avvenuto, e sembra essere stato ritardato proprio a causa delle proteste che hanno investito le città di Lahore, Islamabad, Rawalpindi e Gujranwala, dove risultano sospesi i servizi di telefonia mobile e sono state chiuse le scuole e le università, mentre principali autostrade che collegano il nord e l’est del Paese con il sud sono bloccate.

I disordini sono cominciati dopo che Khadim Hussain Rizvi, leader del partito radicale islamico Tehreek-e-Labbaik, ha annunciato che i suoi colloqui con il governo contro la liberazione di Asia Bibi sono falliti. Rizvi ha convocato uno sciopero generale ed esortato i suoi seguaci a continuare manifestazioni e sit-in. «Tutti i fedeli del profeta devono prepararsi a morire in onore del profeta» ha scritto su Twitter. Oltre duemila manifestanti sono quindi scesi in strada costringendo le autorità a convocare le forze paramilitari per ristabilire l’ordine.

Le forze armate hanno sottolineato che l’assoluzione di Asia Bibi è una questione che riguarda la magistratura e che il tentativo di tirarli in mezzo è spiacevole; l’ordine e la legge devono essere mantenuti, hanno proseguito, esortando i manifestanti ad evitare proclami contro il sistema giudiziario, le forze armate e la Costituzione. «L’Islam promuove la pace e l’armonia», ha affermato il generale Asif Ghafoor, portavoce dell’esercito. Il presidente della Corte Suprema, Mian Saqib Nisar, ha ricordato che «i giudici sono qui per dispensare la giustizia non solo per i musulmani, ma per tutti gli abitanti del Pakistan allo stesso modo».

Intanto, mentre si attende una nuova protesta di massa per l’8 novembre promossa dall’alleanza di partiti religiosi Muttahida Majlis-i-Amal (Mma), ieri è stato presentato ricorso contro la sentenza di assoluzione di Asia Bibi dallo stesso imam, Qari Mohamed Salam, che nel 2009 denunciò la donna cristiana per blasfemia. Secondo lui, il verdetto non «segue la giudisprudenza» né le norme islamiche.

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