Avsi in Siria | Tempi.it

dicembre 12, 2012 Benedetta Frigerio

Hope Ammann, presidente della fondazione Saint Camille de Lellis, legata ad Avsi, racconta la sua esperienza in Libano. «Qui ci sono profughi che non campiono in alcuna lista d’aiuto»

Una valle bellissima, detta “la valle delle vigne e della frutta”. Ora, però, della sua ricchezza non c’è traccia, solo il grigio gelato. E pioggia e fango. Quello che inghiotte gli scarponi di una donna che sta fuori da una tenda. Hope è giunta qui dall’Occidente per offrire il suo aiuto. È coperta da vestiti invernali, che però non bastano a ripararla dal gelo che li trapassa. Il vento soffia così forte che le gocce di pioggia le pungono la faccia come aghi. Eppure c’è chi nelle stesse condizioni vive senza più di qualche straccio addosso.

GLI AIUTI AI RIFUGIATI. Siamo nel villaggio libanese di Karaun, nella valle di Bekaa, al confine con la Siria. Qui ci sono circa dieci tende di profughi, i più abbandonati, quelli che i campi di tende se li sono costruiti da soli e che non sono nemmeno registrati presso la Commissione per i rifugiati delle Nazioni Unite (Unhcr). E che quindi non ricevono aiuti da nessuno. Se non dalla carità della gente del luogo e dalla Ong italiana Avsi. È tramite Avsi che Hope, presidente della fondazione Saint Camille de Lellis di Lugano legata ad Avsi, è qui. Hope rimane ferma qualche istante davanti alla tenda di pochi metri quadrati dove un uomo circondato da bambini brucia la plastica rimasta per non gelare. «Madonna aiutami, dimmi cosa devo fare perché io non lo so, posso solo stare qui e accettare come te. Fa’ tu, io ti seguo!».

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