Bavaglio ai giornalisti, atto illegittimo

di Riccardo Cascioli

e linee guida per i giornalisti in materia di omofobia sono state emanate da un’autorità illegittima. E’ questo il senso dell’interpellanza al presidente del Consiglio presentata ieri dai senatori del Nuovo Centro Destra (primo firmatario Carlo Giovanardi, clicca qui per il testo) a proposito dell’attività dell’Unar (l’Ufficio Nazionale contro le Discriminazioni Razziali insediato presso il Dipartimento delle Pari Opportunità”). L’Unar si sta infatti distinguendo per un deciso attivismo a favore dei diritti dei gay ed è il responsabile della famigerata “Strategia nazionale  per la prevenzione ed il contrasto delle discriminazioni basate sull’orientamento sessuale e sull’identità di genere (2013-2015)” (clicca qui per conosvcere la Strategia), che sta imponendo l’educazione di genere nelle scuole e ora impone il bavaglio ai giornalisti. Ma il fatto è che l’Unar è stata istituita nel 2003 con compiti circoscritti alla prevenzione di discriminazioni basate sulla razza e sull’origine etnica, e l’estensione dei suoi poteri in materia di omosessualità e, più in generale, di orientamento sessuale, è totalmente arbitraria.

L’origine dell’Unar sta infatti in una direttiva della Comunità Europea del 2000 (la numero 43) che chiede agli Stati membri di applicare il “principio della parità di trattamento tra le persone indipendentemente dalla razza e dall’origine etnica”. Per l’Italia si è provveduto con il decreto legislativo 215 del 2003 e poi l’11 dicembre del 2003 è stato istituito l’Unar con Decreto della presidenza del Consiglio presso il Dipartimento delle pari opportunità. “Razza e origine etnica” sono il suo ambito di competenza, che potrebbe essere variato solo da una nuova legge.

Invece un cambiamento radicale è avvenuto subdolamente per via amministrativa estendendo la competenza alla materia dell’orientamento sessuale e di genere. Quando è avvenuto questo?

L’interpellanza dei senatori ha ragione nel sottolineare che un decreto direttoriale del 20 novembre 2012 ha costituito un Gruppo di lavoro con “29 associazioni che raggruppano gli omosessuali italiani” (Governo Monti, ministro competente Elsa Fornero), ma il processo è iniziato qualche anno prima, nel biennio 2009-2010 come rivela un documento dello stesso Unar (“Linee Guida per la costituzione e il funzionamento di centri/osservatori territoriali”). A quel tempo era in carica il governo Berlusconi e ministro delle Pari Opportunità era Mara Carfagna, di cui non a caso si ricorderà l’ostentata amicizia con l’onorevole Paola Concia, deputata del Pd e attivista omosessuale. In questo documento si racconta del forte potenziamento – in risorse e attività – dell’Unar con relativo ampliamento delle materie di intervento alle discriminazioni in generale. Tra queste rientrano anche quelle “di orientamento sessuale e di genere”, per le quali si sono avviate specifiche ricerche in collaborazione con l’Istat (l’Istituto italiano di Statistica). Nel 2010 la Carfagna emana un Decreto per l’attività amministrativa e la gestione del Dipartimento che definisce “una innovativa strategia integrata di governance sussidiaria per la prevenzione, il contrasto e la rimozione di ogni forma e causa di discriminazione”.

L’ultimo atto di governo della Carfagna è l’emanazione il 24 ottobre 2011 delle linee guida per la costituzione degli osservatori regionali che hanno ormai esplicitamente tra i loro compiti quello di vigilare sulle discriminazioni per orientamento sessuale e identità di genere.

E’ poi con il successivo governo Monti, e in particolare con il ministro per il Welfare Elsa Fornero (che assorbe il Dipartimento per le Pari Opportunità) che l’agenda delle associazioni gay decolla e diventa l’occupazione preponderante dell’Unar. La Fornero peraltro non ha mai fatto mistero del suo sostegno ai diritti gay. Come ricordato in un precedente articolo (clicca qui per leggerlo), la Fornero adotta così un progetto-pilota proposto dal Consiglio d’Europa per la prevenzione dell’omofobia e la transfobia, istituisce con decreto direttoriale il 20 novembre 2012 – come ricorda l’interpellanza dei senatori NCD – il Gruppo nazionale di lavoro costituito da 29 associazioni dell’universo LGBT (Lesbiche, gay, bisex, trans), e poi pubblica nell’aprile 2013 la “Strategia nazionale  per la prevenzione ed il contrasto delle discriminazioni basate sull’orientamento sessuale e sull’identità di genere (2013-2015)”.

Da qui nascono poi anche le Linee guida per i giornalisti in materia di omofobia, il cui contenuto – che sarebbe comico se non fosse tragico – è stato per primo reso noto da La Nuova BQ (clicca qui).

Il tutto è dunque illegittimo proprio perché, come rilevano i senatori NCD, l’estensione dei compiti è stata decisa dalla stessa Unar senza che ne avesse il potere.

La vicenda però fa sorgere molte domande: come mai i presidenti del Consiglio che si sono succeduti – e sotto la cui diretta dipendenza opera l’Unar – non si sono mai accorti di nulla? E come mai la Corte dei Conti non ha mai avuto nulla da ridire sull’aumento delle spese di un Dipartimento per compiti non previsti dalla legge? E come mai l’Ordine dei Giornalisti ha avallato simili direttive liberticide?

I senatori del NCD chiedono giustamente al presidente del Consiglio Enrico Letta:

• a quale titolo l’UNAR si interessa delle persone LGBT  che certamente non rientrano nel novero di coloro che possono essere discriminati per ragioni  di razza o di origine etnica;

• quale credibilità il governo attribuisce a documenti che lungi da essere “imparziali” sono frutto del lavoro e dei pregiudizi di parte  delle associazioni gay militanti;

• se non intenda chiarire  che questi documenti, pubblicati sul sito della Presidenza del consiglio non rappresentino l’orientamento del Governo e pertanto debbano essere rimossi.

Ad ogni modo l’illegittimità degli atti emanati dall’Unar dovrebbe spingere alla radicale richiesta di annullare tutte le direttive di questi anni non pertinenti al mandato conferito all’Unar dalla legge  E al ritiro immediato della “Strategia nazionale per la prevenzione delle discriminazioni” di gay e trans, un programma peraltro volontario dal quale il governo può ritirarsi in qualsiasi momento.

Fonte: Bavaglio ai giornalisti, atto illegittimo.

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