Benedetto XVI in Libano ha parlato al mondo islamico come fece a Ratisbona | l’Occidentale

di Michele Marsonet 23 Settembre 2012

Nel suo recente viaggio in Libano Benedetto XVI ha pronunciato una serie di discorsi in cui il tema prevalente era l’appello alla pacificazione degli animi, in un momento che vede una contrapposizione frontale tra Islam e Occidente. Non si tratta solo della blasfemia. Vengono alla luce profonde differenze culturali che rendono il dialogo arduo, se non addirittura impossibile. Nonostante questo, il Papa ha ripetuto il suo appello più volte nella speranza che si giunga infine a ricostruire un ponte in grado di ristabilire dei contatti, se non proprio sereni, meno drammatici di quanto ora siano.

Naturalmente stampa e mass media in genere si sono concentrati soprattutto su questo aspetto – il tema della pacificazione – per motivi evidenti. Adesso è tale l’emergenza che altri argomenti appaiono, al confronto, assai meno importanti. Ben pochi hanno notato che, in uno dei suddetti discorsi, Benedetto XVI ha ripreso alcuni concetti già espressi in precedenza. E, anche in quel caso, si verificò una polemica molto aspra da parte del mondo islamico e delle sue massime autorità religiose.
Sto parlando della “lectio magistralis” che egli tenne, in veste di professore in visita, all’università tedesca di Ratisbona (Regensburg) il 12 settembre 2006.

In quella sede Joseph Ratzinger parlava innanzitutto da filosofo, e solo in modo mediato come teologo. Lo spunto fu un dialogo avvenuto nel 1391 tra l’imperatore bizantino Manuele II Paleologo e un dotto persiano su cristianesimo e Islam e sulla verità di entrambi. Il luogo era Ankara, l’attuale capitale turca che a quei tempi faceva parte dell’Impero di Bisanzio

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