Borto. Cosa dicevano Madre Teresa e Testori

L’aborto «è una guerra diretta, una diretta uccisione, un diretto omicidio per mano della madre stessa. […] Perché se una madre può uccidere il suo proprio figlio, non c’è più niente che impedisca a me di uccidere te e a te di uccidere me. Noi combattiamo l’aborto con l’adozione. Se una madre non vuole il suo bambino, lo dia a me, perché io lo amo». Così si esprimeva Madre Teresa di Calcutta indicando nell’aborto il più grave pericolo per la pace del mondo, perché è un attentato al mondo intero, il più grave rischio per la sopravvivenza dell’intero pianeta.

L’uomo rinnega la carne della propria carne, ma non osa dirselo, non osa riconoscerlo. Chi non considererebbe madre degenere quella Medea che nell’omonima tragedia ha ucciso i due figli avuti da Giasone per vendicarsi di lui che l’ha sedotta e abbandonata? Eppure, non ci sono atrocità compiute nel passato che possano essere comparate ad alcune forme di aborto utilizzate anche nei paesi occidentali. Addurrò il caso dell’aborto tardivo (proibito negli Stati Uniti solo dal novembre 2003 e praticato ancora oggi in molti stati, come Cina e India) in cui «il medico mette il feto in posizione podalica, afferra i piedi con una pinza, porta le gambe fuori dall’utero e provoca il parto, estraendo la totalità del corpo del feto, tranne la testa. Si esegue quindi un’incisione alla base del cranio del feto, attraverso cui si fa passare la punta di un paio di forbici. Nel foro praticato si fa passare un catetere, attraverso il quale viene aspirato il cervello e il contenuto della scatola cranica del feto» (A. Socci, Il genocidio censurato). Se qualcuno avesse ucciso un bimbo già completamente fuori dall’utero materno in questo modo, i giornali e le televisioni avrebbero gridato all’omicida, al mostro capace di crimini efferati e barbari.

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