Braccialetto per partner lesbica a Padova | Tempi.it

gennaio 7, 2013 Stefano Spinelli

Per quante giravolte linguistiche possa proporre l’ospedale di Padova, la realtà continuerà ad imporsi con l’evidenza che le è propria. Si persegue un egualitarismo che toglie diritti a tutti per imporre una propria ideologia.

«Lesse ciò che era scritto sul muro. Non vi era scritto più nulla fuorché un unico comandamento: Tutti gli animali sono eguali, ma alcuni sono più eguali degli altri».
Mi è venuta in mente questa frase, intuitivamente, di fronte alla notizia della clinica ostetrica dell’ospedale di Padova, il cui staff ha deciso di cambiare la prassi ora esistente dopo il parto, di legare al polso del neonato un braccialetto con un numero identificativo, un altro, con lo stesso numero stampato, donato alla madre, e un terzo al padre.

«Ormai non si può più ragionare in modo tradizionale» ha spiegato il primario Giovanni Battista Nardelli. Così, di fronte al parto di una donna la quale era ricorsa (all’estero, visto che in Italia è vietata) alla fecondazione eterologa e che aveva indicato come padre del bambino nome e cognome della compagna di vita, l’ospedale ha ben pensato di modificare la prassi ormai obsoleta di indicare nel braccialetto destinato al babbo la parola “padre” e di sostituirla con quella – più moderna, flessibile e valida in tutti i casi – di “partner”.
Se la cosa non fosse drammatica per le gravi conseguenze sociali che comporta, sarebbe ridicola. In ogni caso è grottesca. Si capisce bene che l’equiparazione non regge.

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