Da che mondo è mondo, càpita che si brucino i libri, così come càpita che si mutilino o si abbattano le statue. Qualcuno ha pure bruciato la biblioteca di Alessandria, anche se quella che sia stato un conquistatore musulmano è una leggenda. Durante il medioevo, i libri venivano talvolta sottoposti al “Giudizio di Dio”, al pari degli uomini: e si narra, ad esempio in un miracolo di san Domenico, che durante una disputa fra lui e gli eretici ci si affidò a un’ordalìa gettando nel fuoco sia il Vangelo, sia i libri dei suoi avversari: il primo rimase ovviamente illeso, gli altri finirono in una fiammata.. Ma, anche senza ricorrere ai miracoli, la Santa inquisizione usava organizzare degli allegri falò durante i quali si ardevano gli scritti degli eretici: magari insieme con chi li possedeva.
Ma, con l’avanzata dei “Lumi” e il processo di secolarizzazione, uno dei pilastri del quale fu la tolleranza religiosa e intellettuale, gli Autos de Fé inquisitoriali divennero uno dei sinonimi più odiosi di ignoranza e di repressione: ed è nota la profetica sentenza del poeta Heinrich Heine, che “chi brucia i libri, prima o poi sarà capace di bruciare anche gli uomini”. Solo i nazisti – in ciò sfidando apertamente e consciamente la mentalità tollerante moderna e volendo simbolicamente dimostrare che la loro rivoluzione l’aveva spazzata via – rinverdirono gli Autos de Fé inquisitoriali mediante spettacolari, agghiaccianti cerimonie notturne durante le quali (in un’atmosfera di misticismo da “religione laica”) si ardevano solennemente le opere considerate nemiche dell’idea nazionalsocialista e la lettura delle quali veniva da allora in poi proibita.
Proprio in quanto patrimonio dell’Inquisizione e del nazismo, la pratica del rogo dei libri è stata, fino ad oggi, unanimemente esecrata nel nostro Occidente: ma i tempi di oggi, con il loro “Postmoderno” (la “Modernità liquida”, come l’ha definita Zygmunt Bauman, che rimette in dubbio e in discussione tutto quel che la “Modernità solida” aveva con certezza affermato, a cominciare dall’individualismo, dall’idea di progresso e dalla certezza di un senso immanente della storia), ha com’è ovvio segnato anche in ciò un cambiamento, permettendo che riemergessero forme di fanatismo religioso che credevamo irreversibilmente scomparse. E non c’è dubbio che il cosiddetto fondamentalismo islamico abbia in ciò costituito, al tempo stesso, una causa scatenante e un esempio, servendo da modello addirittura a occidentali che, dichiarandosi suoi avversari decisi e in odio ad esso, hanno risposto in maniera uguale e contraria. Anzi: dal momento che, sul modello della lingua francese, i fondamentalisti musulmani sono stati definiti “islamisti” (termine che in italiano, fino a poco tempo fa, designava gli studiosi dell’Islam, oggi detti invece “islamologi”), alcuni imbecilli fanatici, cattolici o protestanti, hanno preso con orgoglio balordo a dirsi non più solo “cristiani”, bensì “cristianisti”; vale a dire difensori “senza se e senza ma” di un cristianesimo fanaticamente inteso che, grazie a Dio, oggi gode di equivoco diritto di cittadinanza solo in qualche setta protestante e all’interno di una minoranza cattolica d’imbecilli che sognano nuove crociate e che s’ispirano appunto agli americani theoconservatives, quelli che in francese sono detti – in modo molto appropriato – theocons.
Ma l’imbecillità è una malattia estremamente contagiosa: quando alcuni mesi fa, in America, un pastore protestante ha lanciato l’idea del rogo dei Corani, molti invece d’indignarsi o di mettersi a ridere gli sono andati entusiasticamente dietro. Non stupisce che ci fossero degli imbecilli postmoderni tra i militari della base statunitense di Bagram in Afghanistan. Dovrebbe, al contrario, stupire e allarmare il fatto che da noi quel gesto infame e cretino è stato oggetto al massimo di qualche commento distrattamente severo (una “ragazzata”, una “imprudenza”, quasi una provocazione goliardica): e che non si sia nemmeno rilevata, a parte altre considerazioni, la gravità di esso nel contesto di una situazione che ormai con ogni evidenza né le truppe occupanti né le forze collaborazioniste del governo-fantoccio di Karzai riescon più a controllare. Si potrebbe addirittura pensare che una manciata di avventurieri, buttata da un decennio in una guerra ingiusta e ormai palesemente perduta, sia ormai talmente preda della disperazione da aver mutato in odio demenziale quel disprezzo ignorante che, fino a ieri, aveva nutrito nei confronti della popolazione invasa ed oppressa. Il rogo dei Corani come forsennata, meschina vendetta contro un nemico che si è rivelato più forte, più determinato, più valoroso e ben conscio del suo diritto di resistere allo straniero.
Ma da noi il significato di tutto ciò è stato ignorato e stravolto. Si è gridato solo al fanatismo di chi, per un libro bruciato, insorge ed uccide. Non si è ancora capito, fra l’altro, che nell’Islam il Corano non è considerato un libro qualunque: nemmeno un semplice “libro santo”, un “libro ispirato da Dio”, una “Sacra Scrittura”. Il Corano è l’espressione della Volontà divina che secondo alcune scuole teologiche è addirittura increato e consustanziale ad essa: esso è la sostanza della Rivelazione in quanto Parola incontaminata di Dio. Quella parola che nel cristianesimo si indica con il greco Logos e il latino Verbum. Quel che per il cristianesimo è Gesù splendidamente definito nel Prologo del Vangelo di Giovanni, per l’Islam è il Corano. Se il cristianesimo è la fede in un Uomo, il Cristo, l’Islam è la fede in un Libro, il Corano.
Tuttavia, si obietta che noialtri occidentali civili non insorgeremmo mai e non uccideremmo mai se qualcuno incendiasse o profanasse i simboli più sacri della nostra fede: ad esempio, nel mondo cattolico, ortodosso e cristiano-orientale, l’ostia consacrata che è il Dio Vivente. Qualcuno, nei giorni scorsi, ha lamentato che i cristiani non sappiano lasciarsi trascinare da una Santa Rabbia pari a quella dei musulmani, e che il cristianesimo resti quindi ormai l’unica religione al mondo che si può offendere impunemente; qualcun altro ha invece indicato tale realtà come prova della “superiorità”, in termini umani culturali e civili, dell’Occidente cristiano sull’Oriente musulmano.
Ai primi si dovrebbe rispondere che in realtà il cristianesimo, almeno in teoria, è radicalmente diverso dall’ebraismo e dall’Islam nonostante la comune radice abramitica e tante somiglianze: queste sono tuttavia religioni “di Legge”, quella religione “d’Amore”. Ma, ohimè, se ciò è vero sul piano dottrinale non lo è affatto sul piano storico. Padre Ernesto Balducci ha davvero messo il dito sulla piaga commentando una volta in una splendida omelia (ristampata nel numero di luglio-dicembre del 2011 sulla rivista “Incontri”) il passo di Matteo, 21, 28-32, e osservando che il cristianesimo è troppo spesso una “religione del Sì”: i cristiani si comportano cioè come quel figlio al quale il padre ordinò di recarsi a lavorare nella vigna e che rispose con un’obbediente ed entusiasta affermazione d’obbedienza, ma poi non ne fece di nulla. Se i cristiani consentono oggi che la loro fede sia offesa e profanata, ciò dipende dalla loro viltà e dalla loro tiepidità, non dalla loro “tolleranza”. Se fossero davvero fedeli al Vangelo e a se stessi, senza dubbio non risponderebbero alle profanazioni con la violenza nella stessa maniera dei musulmani, perché la loro è una religione d’amore: ma saprebbero farlo con una fermezza e una dignità che imporrebbero agli avversari e ai detrattori maggiore rispetto. Se non sanno farlo, la colpa non è certo dei musulmani: ai quali si può senza dubbio chiedere maggiore moderazione, ma la risposta dei quali è comunque conforme alla loro fede e alla loro cultura.
I secondi, per la verità, non meriterebbero nemmeno una risposta. La loro argomentazione della superiorità dell’Occidente cristiano e tollerante sull’Islam intollerante sarebbe ridicola se non fosse una menzogna lurida e infame. Essi sanno benissimo che gli occidentali lasciano impunemente che si offenda quello che è ancora il Dio sinceramente confessato da pochissimi di loro e distrattamente accettato da altri, molti magari, che sono però cristiani soltanto a livello intimo se non addirittura implicito o formale, per la semplice ragione che a loro di Dio non importa un bel nulla. L’Occidente, dove la maggior parte dei cristiani è “sociologica” (cristiani per consuetudine e perché non si prendono nemmeno la briga di abiurare), non è più, da oltre due secoli, una “Cristianità”, vale a dire una civiltà nel quale la professione di fede penetri e coinvolga tutti gli aspetti dell’esistenza. Ma ciò non significa che anche da noi non esistano cose sulle quali sia vietato scherzare e a proposito delle quali sia vietato dubitare. In molti paesi – l’Italia quasi compresa – il dichiarare un parere che si discosti da una “Vulgata” storica oltretutto non chiaramente delineata è considerato un crimine: come là dove chiunque azzardi un dubbio o un’ipotesi fuorischemi sulla Shoah (o, da pochi mesi a questa parte in Francia, sul genocidio degli armeni da parte dei turchi) rischia la galera, a parte il linciaggio morale.
Ma il punto non è ancora quello. Non ci sarebbe dunque nulla, “nel nostro Occidente”, di sacro e inviolabile al punto che un’eventuale minaccia ad esso scateni la violenza? Non certo le offese a Gesù: dal momento che di Gesù poco ci preme. Ma provatevi ad agire sul serio, e concretamente, contro la sicurezza economica, la finanza, il benessere; provate a toccarci nel portafoglio o in quella ch’è la base stessa del nostro equilibrio socieoeconomico, le fonti energetiche. Provate a toccarci nel petrolio, e vedrete di che cosa siamo capaci. Del ersot, probabilmente, lo vedrete sul serioe concretamente, fra qualche mese, quando – presumibilmente in autunno – le sanzioni comminate all’Iran provocheranno la chiusura dello stretto di Hormuz e la crisi petrolifera mondiale. Allora assisterete a una “civile” relazione del “mondo libero” rispetto alla quale i quattro poveri straccioni che adesso stanno manifestando in Afghnistan e in Iran contro la profanazione del Corano vi parranno scolaretti in ricreazione. Anche noi abbiamo le nostre Cose Sacre, perdinci. Scherza coi Santi, ma lascia stare la Borsa e l’Energia. Ognuno ha il Dio che si merita.
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