Bulgaria, la fede da salvare

Immaginate una grande campagna aperta. Un altopiano incolto, dove pascolano mucche e cavalli. Il prato di un verde brillante come un immenso palcoscenico. Monti con la cima innevata come le scene di un teatro ancestrale e ferino. Al centro un rudere modesto di quello che un tempo era stato un sontuoso grande edifici di culto, una chiesa, un santuario, un mausoleo e alla fine un monastero. Ora la chiamano la “Chiesa di Maria” e ci vengono il giorno dopo la Pasqua in processione. Non sono in tanti. Sei o sette vecchie automobili con con bambini e vecchi. A guidarle un’auto un po’ più grande e un po’ più vecchia con sopra un’icona di Maria. Ma non immaginate una di quelle bellissime opere d’arte dipinte con l’oro e con la riza d’argento dipinte da un monaco orante. Solo una tavola di legno, con una immagine bruttina e semi stilizzata coronata di coloratissimi fiori di campi intrecciati. “E’ una immagine miracolosa, baciatela!” Dice in bulgaro il pope che ha fermato l’auto solo per salutarci. Sembra di essere in un romanzo dell‘800.

Nel periodo della liberazione della Bulgaria dal giogo ottomano.Eppure è il Lunedì dell’ Angelo 2012 , il 16 aprile perché la Chiesa Ortodossa bulgara segue il calendario giuliano. Il monumentale rudere della Chiesa Rossa di Perushstitsa a poche chilometri da Plovdiv sembra l’immagine della storia stessa del paese. Le origini trace, lo splendore dell’impero romano, le devastazioni dei barbari, poi i bulgari, gli ottomani, il comunismo, e ora la globalizzazione del mercato. Un popolo per il quale la fede era soprattuto la religione rurale. Una nazione dove nel XVIII secolo Propaganda Fide mandava i missionari per convertire i bulgari che praticavano riti pagani. La Chiesa ortodossa lontana dalla gente, i monasteri come unico riferimento, l’impero turco islamico, le campagne vaste con pochi villaggi poveri e lontani tra loro. Oggi la Bulgaria è parte dell’ Unione Europea, ma lo standard di vita è molto lontano da quello dei paesi occidentali e girando per le strade sembra piuttosto che sopra la miseria si stata data una mano di vernice “globalizzata” fatta di cocacola e casinò. Il problema più grave è la corruzione. Sotto il comunismo si corrompeva con lo scambio di favori, dicono alcuni, ora si compra un po’ tutto. Dai titoli di studio ai posti in parlamento.In effetti spesso come sotto il regime per fare qualcosa che sembra normale serve una mancia.

Molti giovani emigrano e vanno a studiare all’ estero, uno dei vantaggi di vivere una “democrazia europea”. Quelli che restano e studiano davvero cercano di cambiare le cose anche politicamente. Stanno per nascere nuovi partiti, uno in particolare a settembre , Cittadini per la Bulgaria. Ma gli anziani sembrano più scettici e sembrano quasi senza speranza. Eppure la Bulgaria è bellissima e ricca di tradizioni di tante culture. Le molte invasioni sono anche occasione di arricchimento culturale, e le tradizioni bulgare sono tutte da studiare. Una lingua più simile al russo che al greco, un alfabeto cirillico ma specifico per il bulgaro, una natura selvaggia è incontaminata all’interno e una costa ricca di fascino sul Mar Nero. E poi i monasteri come Rila, magnifici e imponenti. L’agricoltura non è certo al massimo livello. Così si vedono spesso a volte  campi incolti, ma anche ettari di ottime vigne finanziate anche dall’ EU.I vini della Bulgaria sono celebri. Come il rosso Melnik, tanto apprezzato anche da Churchill che anche durante il periodo comunista riusciva a farne arrivare delle bottiglie in Inghilterra.

La gente è cortese, ma anche diffidente, e troppi vivono di espedienti. Nei luoghi turistici c’è più speculazione che vera ricchezza. E poi mancano le strade e il Paese è grande. Dall’ Eu si attendono fondi ed investimenti, ma quello che manca è la possibilità per la gente semplice di accedere ai servizi di base. Così tra città e campagna c’è ancora un grande divario. E il governo è debole. Insomma la Bulgaria ha molto da recuperare. Ma la gente delle campagne è rimasta legate alle tradizioni, alle abitudini dei padri. E’ questa la loro unica forza, è il punto su cui lavorare per ripartire verso una educazione dei giovani. Il pope e la sua famiglia, i suoi fedeli ha benedetto il piccolo gruppo di cattolici incontrati per casi sulla via del rudere di una antica Chiesa. “ Un segno del Cielo- ha detto- che ci protegge!” La benedizione cantata in greco con voce profonda si è intrecciata con le note del Regina Coeli cantato in latino. Lì in una pianura assolata nel mezzo della Bulgaria per qualche minuto la Chiesa è tornata ad essere una, abbiamo fatto il segno della Croce insieme in una terra cristiana da 1700 anni dove la fede non è mai sparita nonostante le difficoltà. Un segno di speranza e un impegno da prendere per aiutare un popolo a risorgere.

Fonte: www.korazym.org.

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