Calo demografico. Politica del figlio unico addio, persino la Cina vuole più figli « Libertà e Persona

di Federico Cenci

Il diciottesimo congresso del Partito Comunista cinese, il quale sta avvenendo in questa settimana, sancirà il passaggio di poteri dall’attuale presidente Hu Jintao al successore designato Xi Jimping. Quest’ultimo assumerà dapprima la carica di presidente del partito e, in marzo, anche quella di presidente della Repubblica Popolare Cinese.

Poche e generiche le notizie che trapelano sul prossimo timoniere del colosso asiatico. Questo silenzio tipicamente estremorientale lascia in sospeso previsioni specifiche sul futuro della Cina. Dunque, per avere qualche elemento utile a capire le intenzioni della nomenclatura comunista cinese, bisogna accontentarsi delle formali e stringate parole pronunciate da Hu Jintao durante l’apertura del congresso.

Il presidente ha in primo luogo sgombrato il campo da ipotesi azzardate: “Non copieremo mai i sistemi politici occidentali”. Una frase forse di circostanza, accompagnata però da quella punta d’orgoglio che contraddistingue chi è determinato a perseguire degli scopi, fiero delle proprie peculiarità.

Una notizia recente testimonia che la Cina si sta dimostrando alquanto peculiare, appunto, anche nell’individuazione di rimedi alla crisi economica. Sorprendentemente, persino a Pechino si sono accorti che la denatalità incide negativamente sulla ricchezza. La China Development Research Foundation, uno dei più influenti istituti di ricerca della Repubblica popolare, ha realizzato uno studio i cui risultati potrebbero spingere la dirigenza politica cinese a ripensare la discussa politica del figlio unico. L’istituto di ricerca – stando alle indiscrezioni pubblicate dal quotidiano cinese Xinhua – avrebbe raccomandato la sperimentazione della “politica dei due figli” sin da quest’anno, arrivando a individuare nell’anno 2020 la data adatta per archiviare definitivamente il “controllo delle nascite”.

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