Cattolici sì, ma senza disturbare

di Massimo Introvigne

Il 15 gennaio 2013 la Corte Europea dei Diritti dell’Uomo di Strasburgo – di cui va sempre ricordato che non ha nulla a che fare con l’Unione Europea, posto che deriva da una convenzione cui hanno aderito tutti i Paesi che fanno parte geograficamente dell’Europa, anche quelli non comunitari – ha reso la sua attesa decisione sul caso di Nadia Eweida. Molti ricorderanno di che si tratta.
Nel 2006 un’impiegata addetta al check-in della linea aerea britannica British Airways fu licenziata perché insisteva nel portare al collo – senza nasconderla in modo da renderla invisibile al pubblico – una catenina con una piccola croce d’argento.

I tribunali britannici considerarono legittimo il provvedimento contro Nadia Eweida, una copta ortodossa di origine egiziana, che però si rivolse alla Corte Europea. Nel frattempo diverse organizzazioni internazionali, e la stessa Santa Sede, avevano criticato l’atteggiamento della British Airways, che nel 2007 cambiò il suo regolamento, ammettendo che i suoi dipendenti mostrassero piccoli simboli religiosi e di conseguenza riassumendo la signora Eweida.

L’impiegata ha però continuato per ragioni di principio a coltivare la sua causa presso la Corte Europea, che le ha ora dato ragione, ritenendo che la sua libertà religiosa debba prevalere sull’interesse della British Airways a imporre regolamenti restrittivi riguardo alle proprie uniformi, tanto più in un Paese come la Gran Bretagna che – a differenza della Francia – non conosce nel suo diritto norme generali che vietino l’esibizione di simboli religiosi in specifici luoghi di lavoro.
La signora Eweida si è anche vista riconoscere 32.000 euro a titolo di danni e contributo spese.

Tutto è bene dunque quello che finisce bene? Non proprio. La Corte Europea ha riunito a quello della signora Eweida altri tre casi britannici, decidendoli tutti negativamente per i ricorrenti. Il primo sembra simile a quello Eweida, ma secondo la Corte è diverso.
Qui la ricorrente era un’infermiera, Shirley Chaplin, cui il suo ospedale di Exeter aveva ingiunto di rimuovere una catenina con una croce. Le autorità ospedaliere hanno sostenuto che la croce poteva essere pericolosa, per esempio venendo a contatto con una ferita aperta, o se un paziente avesse deciso di afferrarla per tentare di sollevarsi. La Corte ha ritenuto che non si tratti di pretesti, e che l’ospedale è in una posizione migliore dei giudici di Strasburgo per decidere questioni di tipo precauzionale e fattuale, dando quindi torto all’infermiera Chaplin.

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