Chiesa ed Europa

“Nonostante le difficoltà e le sofferenze, ogni popolo, ogni nazione ha la sua ricchezza, i suoi valori e se qualcuno viene lasciato fuori, tutta la maggioranza ne sentirà la mancanza, ma soprattutto ne uscirebbe un’Europa che non è fedele al progetto dei suoi fondatori che l’hanno ideata e pensata come casa comune dove tutti i popoli che la abitano, hanno la stessa dignità, gli stessi diritti e gli stessi obblighi”. A parlare a nome di una Chiesa di minoranza come spesso lo è la Chiesa cattolica nel Sud-Est Europa, è mons. Anton Cosa, vescovo di Chisinau (Moldavia), guida spirituale di 20 mila cattolici sparsi nelle 18 parrocchie presenti sul territorio nazionale. “Una nazione – spiega mons. Cosa – posta tra la cultura latina e slava, tra Oriente e Occidente. Con un passato travagliato e doloroso che ha oggi molto da dare e da dire”. Mons. Cosa parla a margine dell’incontro dei vescovi presidenti delle Conferenze episcopali del Sud-Est Europa in svolgimento a Strasburgo. “I moldavi – dice – cercano un’esperienza che li conservi nella propria identità e li sostenga in questo cammino. Non è possibile per una nazione piccola come la nostra vivere isolata: se fossimo obbligati a farlo, sarebbe un suicidio”. All’Europa i vescovi chiedono “apertura verso la religione e la Chiesa, che significa apertura ai valori europei che ancora sono cristiani e speriamo restino sempre ancorati alla loro radice cristiana”.
La comunità cattolica della Bosnia ed Erzegovina rischia da qui a pochi anni di scomparire e se il calo demografico dovesse continuare senza che nessuno faccia nulla, “potremo presto individuare chi sarà l’ultimo cattolico rimasto. La situazione è drammatica”. A lanciare con toni accesi l’allarme è mons. Franjo Komarica, presidente della Conferenza episcopale di Bosnia-Erzegovina. A margine dell’incontro dei vescovi presidenti delle Conferenze episcopali del Sud-Est Europa in corso a Strasburgo, mons. Komarica esprime in un’intervista a Sir Europa (clicca qui) la sua gratitudine al Papa perché dopo la pubblicazione su “L’Osservatore Romano” della lettera inviata tramite il segretario di Stato, card. Tarcisio Bertone, ai vescovi bosniaci sui “dati allarmanti” del calo demografico dei cattolici in Bosnia, la situazione è finalmente uscita allo scoperto. Mons. Komarica mostra i numeri nel dettaglio; sono contenuti in una lettera pastorale che i vescovi hanno inviato ai loro fedeli lo scorso dicembre: durante la guerra del 1991-1995 la Chiesa cattolica di Bosnia-Erzegovina ha subito pesanti danni.
Prima della guerra i cattolici erano 800 mila, oggi raggiungono quota 440 mila, praticamente la metà. La situazione peggiore si registra nella diocesi di Banja Luka dove nel giro di 12 anni, dal 1999 al 2011, i cattolici sono passati da 52.711 a 35.924. Anche il danno agli edifici di proprietà della Chiesa è “enorme”: sono circa 1.000 gli edifici completamente, pesantemente e parzialmente danneggiati. Ma ciò che più preoccupa l’episcopato è il calo demografico della popolazione cattolica che si è particolarmente acuito negli ultimi due decenni: secondo i dati ufficiali delle diocesi di Bosnia-Erzegovina, oggi i cattolici presenti nel Paese sono esattamente 441.432, e rappresentano l’11,5% di una popolazione di 3.843.000 cittadini. Allarmante è soprattutto il crollo delle nascite: nel 2010, in tutte le parrocchie di Bosnia-Erzegovina, si sono registrati 1.410 funerali in più rispetto ai battesimi. Se nel 1996, il numero dei battesimi (6.739) era superiore al numero dei funerali (5.272), nel 2010 il dato si è rovesciato: ci sono stati 6.136 morti a fronte di 4.726 nascite.
Dare più voce in Europa ai Paesi del Sud-Est europeo perché sono laboratori di dialogo e ponti con l’Asia e il Medio Oriente. A chiederlo è mons. Aldo Giordano, osservatore permanente della Santa Sede presso il Consiglio d’Europa, che così traccia a Sir Europa le conclusioni dell’incontro dei presidenti delle 9 Conferenze episcopali del Sud-Est Europa a Strasburgo. L’incontro – promosso dal Consiglio delle Conferenze episcopali europee (Ccee) – si concluderà questa sera con una “Messa per l’Europa” nella cattedrale di Strasburgo: dal 5 al 7 marzo, i vescovi hanno potuto confrontarsi con i rappresentanti delle istituzioni europee. Questa mattina c’è stato un incontro con il presidente della Commissione di Venezia, Gianni Buquicchio, durante il quale si è parlato di “Democrazia attraverso il diritto nei Paesi del Sud-est Europa”. “Questi Paesi – dice mons. Giordano – esprimono una regione dell’Europa che è Europa; hanno attraversato da poco un’epoca di passaggio cruciale passando da regimi comunisti alla democrazia. Sono membri del Consiglio d’Europa e sono Paesi che devono avere più voce in Europa, perché possono essere considerati veri e propri laboratori di frontiera verso l’Asia e il Medio Oriente, laboratori di dialogo tra le culture dell’Occidente e dell’Oriente, laboratori di dialogo ecumenico soprattutto tra cattolici e ortodossi, laboratori di dialogo tra culture, soprattutto tra cristianesimo e mondo musulmano”.
Proficui sono stati – racconta mons. Giordano – gli incontri che i vescovi hanno avuto in questi giorni a Strasburgo con i responsabili del Consiglio d’Europa, davanti alla Corte dei diritti umani di Strasburgo e con il presidente della Commissione di Venezia. Tra i temi particolarmente sensibili affrontati spicca quello della libertà religiosa: “È stato importante – osserva mons. Giordano – rendere sensibili le istituzioni europee che ci sono difficoltà di libertà di religione che prendono talvolta la forma di marginalizzazione della religione dalla sfera pubblica e certe volte anche la forma di persecuzione. Occorre allora, da una parte, rendere sensibile l’Europa che esistono queste situazioni e, dall’altra, utilizzare tutti i mezzi che l’Europa ha già per affrontare la questione”. Mons. Giordano ricorda a questo proposito le sentenze della Corte che “sono giurisprudenza in questo senso. Solo un anno fa per esempio, abbiamo discusso la sentenza sul caso italiano Lautsi, una sentenza che ha affermato il diritto dei Paesi al rispetto delle proprie tradizioni, convinzioni e fede, una sentenza che è rimasta centrale nel dibattitto”. L’incontro si concluderà con una “Messa per l’Europa”: “Un avvenimento – conclude mons. Giordano – che vuole dire che un’Europa di giustizia, di solidarietà, aperta ai valori è soprattutto un dono che dobbiamo ricevere e invocare. Sarà, quindi, un luogo di preghiera perché Dio dia all’Europa questo dono che gli europei attendono nel loro cuore”.

Fonte: Servizio di informazione religiosa

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