Cina, quando il governo strizza l’occhio agli ortodossi – Vatican Insider

Grandi onori e rilievo mediatico per il tour cinese del patriarca ortodosso di Mosca Kirill che non menziona la questione della libertà religiosa

Alessandro Speciale

Grande rilievo mediatico e onori simili a quelli normalmente riservati a un capo di Stato: la nuova dirigenza di Pechino, a cominciare dal presidente Xi Jinping, ha voluto dare un profilo altissimo al tour cinese del Patriarca ortodosso di Mosca Kirill, il primo leader religioso straniere a visitare la Cina comunista.

Kirill è arrivato in Cina lo scorso 10 maggio e ci rimarrà per una settimana, con un itinerario che, accanto agli incontri ufficiali a Pechino, prevede una tappa nella città settentrionale di Harbin, dove risiede  una numerosa comunità russa, per concludersi a Shanghai.

La notizia dell’incontro tra Kirill e Xi – nella Grande Sala del Popolo di Pechino, dove i dirigenti comunisti ricevono abitualmente i dignitari stranieri – è stata messa in prima pagina del quotidiano ufficiale People’s Daily, che ha sottolineato come la visita del Patriarca ortodosso “aiuterà a migliorare la comprensione reciproca fra Mosca e Pechino”.

E tutta la visita di Kirill va probabilmente letta più con gli occhi della politica estera che con quelli della religione: il Patriarca non ha fatto menzione della questione della libertà religiosa nel Paese del Dragone, se non per chiedere il riconoscimento della minuscola Chiesa ortodossa cinese (circa 15mila fedeli e nessun sacerdote autoctono dopo la morte dell’arciprete Alexander Du Lifu dieci anni fa) come religione ufficiale, accanto a cattolicesimo, protestantesimo, islam, taoismo e buddismo.

Kirill è arrivato a Pechino dopo che nel marzo scorso Xi Jinping aveva scelto proprio Mosca come meta del suo primo viaggio all’estero dopo il suo insediamento, nell’ottica di un rafforzamento dei rapporti tra Cina e Russia per fare da contraltare al progressivo raffreddamento della relazioni di entrambi i Paesi con gli Stati Uniti.

Per il governo cinese, strizzare l’occhio all’ortodossia russa è anche un modo per svuotare le critiche occidentali per la limitazione della libertà delle Chiese cattolica e protestanti, mostrando che Pechino è ben contenta di collaborare con quei cristiani non vogliono interferire con i suoi affari interni. E non a caso Kirill, nel suo incontro con Xi, ha sottolineato che i popoli russo e cinese “hanno a cuore la sovranità e l’indipendenza nazionale”.

Per il Patriarca di Mosca, Cina e Russia hanno un “compito morale comune” di fronte al “drastico declino morale” della “civiltà occidentale” – un declino che “porterà al collasso dell’intero sistema della relazione umane, l’umanità si suiciderà”. Se in Occidente si diffondono segni di decadenza come il matrimonio omosessuale e l’eutanasia, la Russia, grazie alla Chiesa ortodossa, e la Cina – ha detto Kirill ai leader religiosi cinesi lunedì scorso – sono invece un baluardo di resistenza e moralità perché sono entrambi Paesi che “non violano i principi morali della vita ma, anzi, promuovono la spiritualità nei loro popoli”.

Musica per le orecchie dei dirigenti cinesi, che hanno anche visto legittimato il loro approccio nei confronti delle comunità religiose dall’incontro di Kirill non solo con i capi delle comunità cristiane ‘ufficiali’ ma anche con i responsabili del Dipartimento cinese degli affari religiosi.

Fonte: Cina, quando il governo strizza l’occhio agli ortodossi – Vatican Insider.

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