Condanna unanime per l’attentato di ieri in Libano. Mons. Matar: vogliono spingerci nella guerra

L’attentato di ieri ha sconvolto il quartiere cristiano del centro di Beirut, in Libano. Un’autobomba ha provocato otto morti e decine di feriti. I servizi segreti probabile obiettivo dell’atto terroristico, mentre in molti puntano il dito sulla Siria. Il servizio di Marina Calculli:
Un’autobomba è esplosa a place Sassine, nel cuore di Achrafieh, il quartiere cristiano di Beirut a poca distanza dal vecchio bureau del partito Kataeb ma anche dall’ufficio principale della coalizione parlamentare del 14 marzo. 8 morti e 96 feriti. Ma il target dell’attentato era il generale Wissam al-Hasan, capo del bureau dell’Intelligence libanese, vicino all’ex premier Saad Hariri e ostile al regime di Damasco. Un assassinio politico, dunque, una pratica consolidata nella tradizione del Libano e del controverso legame con la Siria. E infatti anche questo attentato spinge a rivolgere lo sguardo verso Damasco. Ieri Hariri e Jumlatt, il capo del partito socialista, hanno accusato esplicitamente il regime di Assad di voler esportare la guerra civile in Libano. In molti chiedono le dimissioni del governo in carica. Da Damasco però sono giunte le condoglianze e la condanna dell’attentato. “Inaccettabile violenza” anche per il Palazzo di Vetro, Stati Uniti e Europa. Molti gli inviti ai libanesi a preservare l’unità nazionale. Ma la protesta è già esplosa. L’autostrada che porta a Zahle è stata bloccata. La memoria della guerra civile inquieta molti ma sembra uno spettro troppo difficile da allontanare.

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