Contro il matrimonio gay il generale Bergoglio mandò all’assalto le suore

Invece che sfidare frontalmente i poteri, l’allora arcivescovo di Buenos Aires scrisse una lettera di fuoco a delle monache di clausura. Era il suo modo di “fare politica”. Il racconto di una testimone diretta di quella battaglia

di Sandro Magister

ROMA, 15 novembre 2013 – Papa Francesco l’ha detto chiaro nell’intervista programmatica a “La Civiltà Cattolica”. Le battaglie pubbliche su questioni come l’aborto o il matrimonio omosessuale non sono per lui prioritarie.

Ciò non toglie che il prossimo sinodo sarà dedicato proprio al tema della famiglia. Quindi a questioni che sono oggi tra le più combattute anche sul terreno politico.

Generalmente, si ritiene che papa Jorge Mario Bergoglio demandi ai vescovi di agire sulla scena pubblica, nelle modalità adatte a ciascun paese.

Ma anche tra i vescovi c’è incertezza. In Italia, negli Stati Uniti, in Spagna, cioè nei paesi dove negli anni scorsi l’impegno pubblico degli episcopati sulle questioni della vita e della famiglia è stato più battagliero, c’è chi preme per un maggior distacco dall’agone politico, sull’esempio – si dice – del papa.

Ebbene, quale esempio ha dato Bergoglio, quando da arcivescovo di Buenos Aires si trovò alle prese con l’approvazione di una legge che consentiva a persone dello stesso sesso di contrarre matrimonio e di adottare bambini?

Era il 2010 quando in Argentina quella legge fu approvata. Il cardinale Bergoglio prese posizione contro di essa in una forma da lui ben studiata. Non con dichiarazioni pubbliche che sfidassero frontalmente i poteri politici, ma con due lettere interne alla Chiesa: la prima alle suore di clausura di quattro monasteri carmelitani di Buenos Aires e la seconda a un dirigente del laicato cattolico argentino.

La doppia mossa del cardinale Bergoglio ebbe naturalmente un notevolissimo impatto anche sul terreno politico. Ma la spiegazione che ne fu data fu che il cardinale intendeva con le due lettere non “fare politica” ma semplicemente “ricordare l’insegnamento della Chiesa a tutti coloro che si proclamano cattolici, chiedendo loro di agire in conseguenza”.

A dare nel parlamento argentino questa giustificazione dell’operato del cardinale Bergoglio fu una senatrice cattolica a lui molto legata, Liliana Negre, membro del partito peronista e prima presidente mondiale dei “Parlamentari per la vita e la famiglia”.

Liliana Negre ha raccontato per filo e per segno come si arrivò in Argentina all’approvazione di quella legge, in un libro uscito negli Stati Uniti su papa Francesco, con le testimonianze di venti persone che lo conobbero molto da vicino, gesuiti e non.

L’allora arcivescovo di Buenos Aires non era in parlamento, naturalmente, quando la legge sul matrimonio gay fu approvata. Eppure i promotori di quella legge vedevano in lui il loro nemico numero uno, da sconfiggere a qualsiasi costo, anche boicottando qualsiasi negoziato che aprisse la strada a soluzioni accettabili per la Chiesa.

Ecco il racconto di quei giorni roventi, fatto da una testimone diretta.

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BERGOGLIO, UN MARTIRE VIVENTE E UN EROE

di Liliana Negre

Il cardinale Bergoglio ha sempre mostrato molto coraggio e gagliardia nel confrontarsi con i potenti e nel dire quello che pensava: era la voce di tutti quelli che non avevano voce. Specialmente a Buenos Aires, luogo della maggior concentrazione di potere sia economico, sia politico, come diciamo noi argentini: “Dio è ovunque, ma ha l’ufficio a Buenos Aires”. […]

Lo conosco da quando diventai senatrice. Ebbi tre o quattro colloqui con lui, ma ho approfondito di più il legame tramite l’associazione dei parlamentari per la vita e la famiglia. Lui intervenne a un nostro congresso e volle incontrare i parlamentari pro vita dell’Argentina per salutarci e incitarci a proseguire il lavoro, ad avere coraggio. Poi irruppe la questione del matrimonio omosessuale. Il passaggio nella camera dei deputati fu velocissimo e quando il progetto di legge arrivò al senato, io ero la presidente della commissione. […]

In quel periodo la presidente dell’Argentina era Cristina Fernández e suo marito, lo scomparso ex-presidente Néstor Kirchner, era deputato nazionale. […] Sulla questione del matrimonio omosessuale la coppia Kirchner aveva identificato in Bergoglio il nemico. Il motivo era che il cardinale e la Chiesa la pensavano allo stesso modo su questo tema. Addirittura, ci fu una manifestazione pubblica il pomeriggio precedente l’approvazione della legge, davanti al congresso. Quel giorno, il cardinale indirizzò una lettera al presidente del consiglio dei laici dell’arcidiocesi di Buenos Aires. La lettera fu letta con il suo permesso e così il cardinale rese pubblica la sua posizione, incoraggiando i laici a proseguire nell’impegno e nella lotta per i nostri valori.

La coppia Kirchner diceva che era il cardinale colui che coordinava in lungo e in largo tutto il movimento pro famiglia, in Argentina. Il cardinale inviò anche una lettera alle monache carmelitane scalze di Buenos Aires. E non so come, il testo iniziò a circolare nei social network. Questo testo non solo criticava con durezza la catastrofe umana alla quale poteva condurre la legalizzazione del “matrimonio” omosessuale, ma anche chiedeva alle suore di pregare affinché i senatori aprissero gli occhi. Il 14 luglio alle 10 del mattino ebbe inizio la discussione, che fu molto aspra e finì il 15 luglio con la nostra sconfitta.

Noi avevamo all’inizio della discussione un vantaggio di nove voti e alla fine abbiamo perso per tre voti. Così ci si può rendere conto di quanto la vicenda fu terribile.
L’ex presidente Kirchner, come deputato nazionale onorario, non andava mai alla camera dei deputati. Ci andò soltanto due volte: quando giurò come deputato e quando votò a favore del “matrimonio” omosessuale.

Ricordo che un senatore della maggioranza interruppe la sessione per criticare con durezza il cardinale Bergoglio e citò la lettera che aveva inviato alle carmelitane di Buenos Aires, nella quale il cardinale aveva testualmente scritto: “Non si tratta di  una semplice lotta politica, ma di una pretesa distruttiva del piano di Dio. Non si tratta di un mero progetto di legge – questo è solo lo strumento – ma di una ‘mossa’ del padre della menzogna che ha la pretesa di confondere ed ingannare i figli di Dio”.

La lettera aggiungeva: “Ai senatori io chiedo: implorate il Signore affinché Egli invii il Suo Spirito sui senatori che devono votare. Che non lo facciano mossi dall’errore o da situazioni di congiuntura, ma secondo quanto la legge naturale e la legge di Dio indicano loro. Questa guerra non è vostra, ma di Dio. Che essi ci aiutino, ci difendano e ci accompagnino in questa guerra di Dio”.

Il senatore della maggioranza che citò questa lettera era Marcelo Fuentes, il quale usò parole durissime contro il cardinale Bergoglio. Furono dei momenti di forte tensione, perché durante la sessione si lanciarono insulti gravi.

Io ero la presidente della commissione e in questa veste davo voce al no al “matrimonio” omosessuale. Eravamo riusciti a coagulare il consenso su un progetto sostenuto dalle persone che poi votarono no al matrimonio omosessuale e che in più aveva l’appoggio degli otto senatori su quindici che avevano firmato un progetto di unione civile. Puntavamo così a ottenere l’ottanta per cento dell’adesione dei membri della commissione. In questo gruppo c’erano senatori del “kirchnerismo”, dei partiti delle provincie, dell’unione civica radicale e del peronismo federale, al quale io appartengo. L’idea era di riconoscere alcuni diritti che le persone conviventi dello stesso sesso chiedevano, come una modifica alla legge sanitaria che permettesse di assistere  il partner ammalato, o il diritto a ricevere la pensione.

Quella sera, mentre partecipavo alla grande manifestazione davanti al senato e si dava lettura dell’altra lettera del cardinale, quella indirizzata ai laici, il presidente del senato, violando il regolamento e la costituzione argentina, mi notificò come presidente della commissione che aveva deciso di annullare il progetto di legge che aveva il sostegno dell’ottanta per cento del senato, e che lasciava per il giorno successivo solo il si o il no al “matrimonio” omosessuale.

La tensione si fece ancora più forte. Il presidente del gruppo di maggioranza mi definì fascista, e mi disse che volevo discriminare le persone omosessuali come faceva Hitler con gli ebrei, che soltanto mi mancava di indossare la fascia con la svastica. L’affronto mi fece piangere, perché io ero stata molto rispettosa; avevo avuto grande cura nelle mie parole. Nel mezzo del frastuono delle ore piccole, toccò a me rispondere a tutti questi attacchi. E, in modo speciale, ho voluto ribattere alle accuse selvagge che avevano scagliato sul cardinale, che non era stato difeso da nessuno.

Ricordo ciò che dissi dopo aver precisato che era un chiarimento a quanto detto dal senatore Fuentes: “La Chiesa cattolica risponde al magistero della Chiesa: significa che il magistero ha un documento e questo documento lo ha pubblicato la Chiesa cattolica nel 2003. Il documento porta il titolo: ‘Considerazione sui progetti di riconoscimento legale delle unioni di persone omosessuali’. Questa è la posizione della Chiesa cattolica. Quindi, ciò che ha fatto il cardinale Bergoglio scrivendo quella lettera indirizzata alle carmelitane, che sono monache di clausura, è stato esprimere una posizione in conformità con le norme interne della Chiesa cattolica. Dobbiamo saper distinguere le cose e difendere i nostri ministri del culto. Ieri, il cardinale Bergoglio ha inviato una lettera alla marcia dei laici, indirizzata al Dr. Carbajales, il loro presidente. Quella è una lettera, e un’altra è quella che ha inviato alle carmelitane”.

Volevo mettere in chiaro che né il cardinale Bergoglio né altri rispettabili vescovi argentini stavano “intervenendo in politica”, come il partito di maggioranza accusava; ma che stavano soltanto ricordando l’insegnamento della Chiesa a tutti coloro che si proclamano cattolici, chiedendo loro di agire in conseguenza. […]

Dopo aver votato a favore del matrimonio omosessuale, quelli della maggioranza dissero: “Abbiamo distrutto Bergoglio”. Avevano affrontato la lotta per questa legge come se fosse stata una battaglia tra loro e Bergoglio. […] Il cardinale Bergoglio fu infamato, insultato, imbrattato. In quelle ventiquattr’ore ho sentito dire contro il cardinale cose incredibili. Ma poi, all’improvviso, il Signore lo ha chiamato ad essere successore di Pietro in terra. Per questo credo e per questo ho detto che è un martire vivente e un eroe.

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Il libro con l’intervista a Liliana Negre:

Alejandro Bermúdez (ed.), “Pope Francis, Our Brother, Our Friend”, Ignatius Press, San Francisco, 2013.

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La lettera dell’allora arcivescovo di Buenos Aires Jorge Mario Bergoglio a Justo Carbajales, direttore del dipartimento dei laici della conferenza episcopale argentina, a sostegno della marcia per la vita e la famiglia promossa il 13 luglio 2010 di fronte al palazzo del Congresso:

> Carta adhesión del cardenal Bergoglio

E la lettera del 22 giugno 2010 del cardinale Bergoglio ai quattro monasteri carmelitani di Buenos Aires, nell’imminenza della discussione in parlamento della legge per la legalizzazione dei matrimoni omosessuali con le relative adozioni:

> “Care sorelle…”

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Il documento del 2003 della congregazione per la dottrina della fede citato dalla senatrice Liliana Negre:

> Considerazioni circa i progetti di riconoscimento legale delle unioni tra persone omosessuali

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Su altri particolari di quella vicenda:

> Diario Vaticano / Sei voti in più per le unioni “gay”

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Fonte: Contro il matrimonio gay il generale Bergoglio mandò all’assalto le suore.

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