Coppie gay e figli l’incubo del futuro

Nel 2005, l’American Psychological Association (Apa) diede alle stampe con tutti i crismi dell’ufficialità e dell’autorevolezza un compendio sulla genitorialità omosessuale. Il lavoro conteneva un’asserzione – poi usata da tutti i sostenitori dell’equivalenza tra famiglie etero e famiglie omosex – che recita testualmente: «Nessuno studio ha riscontrato che i figli di genitori lesbiche o gay siano svantaggiati in alcun aspetto significativo in confronto ai figli di genitori eterosessuali». A supporto di questa tesi, l’Apa sfodera 59 studi condotti da ricercatori diversi, in tempi e modi differenti.

Loren Marks, sociologa dell’Istituto di Ecologia Umana dell’Università statale della Louisiana, ha spulciato ogni paragrafo di quei 59 studi per scoprire se siamo davvero di fronte all’«emergere di una nuova forma di famiglia – spiega la Marks – che garantisce ai bambini un contesto equivalente a quello della famiglia tradizionale basata sul matrimonio». I promotori delle nozze tra persone dello stesso sesso rispondono entusiasticamente di sì, un nuovo modello è emerso, positivo e sostenibile. Molti altri sono scettici e si domandano se davvero crescere con due mamme o con due papà non abbia nessuna significativa conseguenza sui bambini. «Questa – spiega Marks – è una domanda con innumerevoli e importanti implicazioni, soprattutto da quando lo studio Apa del 2005 è stato ripetutamente invocato nel dibattito sul matrimonio omosessuale».

Il lavoro della Marks – «Genitori dello stesso sesso e successo dei bambini: un esame approfondito del compendio dell’Apa sulla genitorialità lesbica e gay» – prende in analisi alcuni aspetti centrali del compendio degli psicologi americani: l’omogeneità del campione, l’assenza di gruppi di confronto, le caratteristiche dei gruppi di confronto (quando ci sono, ndr), la contradditorietà dei dati, la limitatezza dell’ambito dei successi presi in esame, l’esiguità di dati sulla buona riuscita dei bambini sul lungo periodo.

Una scoperta interessante arriva subito, dall’analisi dell’omogeneità del campione. La Marks si domanda: quanto sono rappresentativi e culturalmente, etnicamente ed economicamente diverse le famiglie lesbiche o gay prese in esame dalla letteratura che sta alla base del compendio Apa? La risposta è sorprendente: i tre quarti di quegli studi, il 77%, esaminano un «campione ristretto, poco rappresentativo e opportunamente scelto» di meno di cento soggetti. Molti indicano addirittura meno di cento partecipanti alla ricerca, fino al limite estremo rappresentato da un lavoro del 1998 che di soggetti ne analizza solo cinque.

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