Cosa sta succedendo in Turchia?

Dal 29 maggio, oltre 2000 persone sono rimaste ferite in Turchia quando la polizia ha usato cannoni ad acqua e gas lacrimogeni contro i manifestanti. Le proteste sono iniziate il 27 maggio a Gezi Park, in piazza Taksim, nel centro di Istanbul. Alcune centinaia di manifestanti avevano occupato il parco per manifestare contro la sua distruzione per far posto a un nuovo centro commerciale. Nelle prime ore del 29 maggio la polizia ha iniziato a disperderli facendo ricorso a uso eccessivo della forza e a gas lacrimogeni. Dal 31 maggio, le proteste si sono diffuse in tutto il paese e, da domenica 2 giugno, ci sono state centinaia di proteste in 67 province. Per quanto riportato dall’Associazione medica turca, almeno 1500 persone sono rimaste ferite a Istanbul, 414 ad Ankara e altre 420 a Smirne. L’associazione medica turca ha dichiarato che la maggior parte delle lesioni sono state causate dall’uso di cannoni ad acqua e gas lacrimogeni. Nei giorni scorsi, Amnesty International Turchia ha messo a disposizione i suoi uffici di Istanbul per fornire riparo ai manifestanti e soccorsi a quelli feriti. Inoltre, almeno 14 giornalisti sono stati feriti, alcuni seriamente, dalla polizia in Turchia nelle manifestazioni antigovernative, secondo quanto riporta Reporters Senza Frontiere.

E da Facebook ed altri social media giungono notizie degli avvenimenti, come una nota del gesuita padre Antuan Ilgit, nato in Turchia e residente a Philadelphia, scritta il 4 giugno: “Il nostro PM Recep Tayyip Erdogan aveva detto giorni fa che ‘Twitter e Facebook sono pericoli per la democrazia’ perché sa che i giovani si organizzano e s’informano tra di loro tramite la rete. La maggior parte dei canali televisivi e dei giornali turchi sono costretti (per scelta o no) a servire il PM Erdogan, e mentre i giovani respirano lacrimogeni, gas al peperoncino, sono picchiati e trascinati a sangue dai loro connazionali poliziotti; gli stessi canali trasmettono dei Concorsi di Bellezza oppure dei documentari sulla vita dei pinguini. Se anche possa sembrare di poco valore, i vostri/nostri post su Facebook o i tweet hanno il loro peso e, come si è visto, oltre a spaventare il primo ministro Erdogan, soprattutto incoraggiano i giovani che da giorni, a Istanbul e in tutte le grandi città della Turchia, stanno facendo pacifiche manifestazioni per ottenere più democrazia e più libertà. Tra di loro ci sono anche quelli della mia famiglia, i miei amici, i miei professori, i giovani delle nostre comunità.

 

Questi non hanno armi, cantano soltanto, ballano e urlano creando rumori con l’aiuto delle pentole! Una delle cose più belle e interessanti di tutto questo movimento è che Turchi, Curdi, Musulmani sunniti, Aleviti, Armeni, Siriaci, tifosi della mia squadra di calcio Galatasaray, Fenerbahçe e Beşiktaş, ecc. sono tutti insieme, uniti. Per decenni avevano cercato di dividerci ma ora siamo uniti più che mai!.. I giovani mettono dei post con le indicazioni delle strade aperte o chiuse dalla polizia, gli indirizzi delle farmacie che procurano medicinali di nascosto, dei medici che curano di notte a casa loro, dei ristoranti che distribuiscono cibo gratis, password delle reti Wi-Fi presenti in diverse zone. Alcuni imam hanno aperto le loro moschee ai dimostranti feriti e a quelli che vogliono riposarsi un po’. Tantissimi tweet che indicano i posti dove trovare latte e limone per diminuire l’effetto dei lacrimogeni!…

In ogni caso non è tutto cosi rosa come sembra. Se anche tutto sembra così pacifico, la polizia agisce molto diversamente. E non so se potete immaginare, ma per me è molto difficile guardare tutto da lontano, attaccato al PC; ogni fotografia, ogni video che trasmette la violenza dei poliziotti, ogni persona ferita, colpita in testa o altrove dalle pallottole di plastica (e non sempre), suscita in me la stessa e continua domanda: se fosse una persona cara? Prego continuamente che non succeda niente né ai miei cari né ad alcuno dei miei connazionali”.

E dopo aver esaminato la politica del premier turco, che non chiama ‘vero dittatore’, perché è stato eletto democraticamente, e criticato le leggi sulla religione, il padre gesuita conclude il messaggio con un appello contro la violenza: “Sarà dura! Anche se è così, qualcuno doveva iniziare a ribellarsi. La vera libertà costa e tutti noi lo sappiamo! Qui, ho coscientemente cercato di evitare di citare il Vangelo! Nel mio cuore affido certamente tutto al Signore della Storia, Lo prego e offro tutte le mie Messe. Tuttavia qui non voglio che si faccia confusione! Ho scritto tutte queste righe come un qualsiasi turco, senza nessun riferimento a quello che sono per grazia e per scelta, solo per esprimere le mie preoccupazioni, la mia vicinanza al mio popolo, ai miei cari laggiù e per informare voi miei amici. Ripeto, no alla violenza. No, alla repressione. No, alla guerra civile. Questi giovani vogliono solo più democrazia e più liberta.

La cosa migliore sarà che o il governo legittimo si dimetta prima di perdere la sua legittimità e indire le elezioni o il PM Erdogan lasciando da parte la sua arroganza, si rimetta a dialogare con il suo popolo che lo contesta, lavorando insieme per una nuova costituzione adatta alle esigenze di una vera democrazia. Il mio popolo è capace di risolvere tutto nei limiti di democrazia, la nostra non è una ‘Primavera’, è solo un’ennesima prova di democrazia. Finisco dicendo che bisogna continuare a sperare! Ed io spero: un giorno non molto lontano ritornerò anch’io nella mia amata Turchia che ho dovuto lasciare ingiustamente e, quando vi ritornerò grazie a questi giovani, la Turchia sarà più libera e più democratica! Ora, pregate, pregate per la Turchia e i suoi giovani. E se non volete proprio pregare, anche voi, come i giovani Turchi, alzate una birra alla libertà e sonate una pentola per far raggiungere il vostro sostegno a Istanbul”.

Fonte: Cosa sta succedendo in Turchia?.

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