Quel cristiano dell’orso Baloo

di Paolo Maria Filipazzi

Dopo l’ultimo mio articolo sulla visione teologica dell’opera di Tolkien, ho ricevuto attacchi e critiche da ogni dove, per quella che alcuni hanno definito come un’infame strumentalizzazione. Eh, sì, perché uno deve per forza trovare interpretazioni proprie di un’opera!, e come si sa tutte le interpretazioni sono soggettive. Ho constatato dunque, ancora una volta, che 5 secoli di Riforma Protestante non sono passati in vano, al punto che ormai sembra non resti più traccia del povero Aristotele e della sua consapevolezza che la realtà esiste, che è oggettiva, che è razionalmente conoscibile e che il mondo non è la proiezione dell’ego smisurato di ciascuno (comprese le opere letterarie che ne fanno parte). Del resto lo aveva previsto Chesterton: “Spade saranno sguainate / per dimostrare che le foglie sono verdi d’estate”. E siccome a questo punto non posso esimermi dall’incrociare le spade, getto un altro macigno nello stagno.

La sera di mercoledì 19 dicembre 2012 la televisione di Stato, in un rarissimo momento di lucidità, decide di trasmettere il lungometraggio disneyano Il Libro della Giungla. Mentre sono piegato in due dalle risate, mi accorgo di un paio di cose che non avevo ben osservato da bambino. Il giorno dopo, chiacchierando col mio amico Marco Piazza, constato che se ne è accorto anche lui. E, aristotelicamente, concludo che questo divertente cartone è intriso di cristianesimo. Ebbene si, cari miei pro-pro-pro-nipoti di Lutero, fatevene una ragione!

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