Cristiani alle armi per difendere Israele: «È l’unica nazione che ci protegge» – Vatican Insider

Grande balzo in avanti delle reclute arabo-israeliane nell’esercito dello Stato ebraico nella seconda metà del 2013

Maurizio Molinari
INVIATO A RAMALLAH

 

Pronunciare il Padre Nostro e farsi il segno della croce prima di arruolarsi nell’esercito non è qualcosa di molto comune fra le reclute israeliane ma l’aumento dei volontari cristiani sta moltiplicando proprio simili momenti. Nella seconda metà del 2013 gli arabo-israeliani di fede cristiana arruolatisi nell’esercito sono stati 84, ovvero l’equivalente dei totale dei 18 mesi precedenti, e il balzo in avanti fa discutere, sebbene si tratti ancora di un numero ristretto in una comunità di circa 120mila anime.

 

A sostenere la necessità di arruolarsi è il “Forum per il reclutamento dei cristiani” di Gabriel Nadaf, il sacerdote greco-ortodosso convinto del bisogno di «vestire la divisa israeliana per difendere la nostra minoranza» in un Medio Oriente dove i cristiani vengono «perseguitati e uccisi» in più Paesi, a cominciare dalla Siria. È proprio Nadaf a pregare assieme alle reclute cristiane, dicendogli «voi non sparerete ma proteggerete perché il Messia ha detto di non uccidere ma non ha detto di non difendere, e la Terra Santa va difesa». Per il capitano cattolico maronita Shadi Haloul, 38 anni, portavoce del Forum e riservista, «il numero delle reclute cristiane cresce a seguito di quanto sta avvenendo in Medio Oriente dove siamo perseguitati ovunque e l’unica nazione che ci difende è Israele».

 

Sono parole che fanno scalpore perché in Israele sono gli ebrei e i drusi a servire sotto le armi – tre anni gli uomini, due le donne – mentre in genere cristiani e musulmani sono esentati. In particolare, i cristiani sono sempre stati ai margini della vita militare considerandosi anzitutto palestinesi. Ma il Forum di padre Nadaf sembra esprimere l’affermarsi di un’opinione diversa dentro famiglie e villaggi cristiani, concentrati in Galilea. «Servire nell’esercito aiuta l’integrazione nella società israeliana che offre molte opportunità di lavoro, crescita e sviluppo» sostiene Haloul, secondo il quale «i cristiani in Medio Oriente hanno la possibilità di rafforzarsi e prosperare solo nella democrazia israeliana».

 

Padre Nadaf è in procinto di ricevere dalle forze armate lo status ufficiale di “cappellano militare” e ciò significa che potrà recarsi in qualsiasi base per portare conforto religioso ai soldati cristiani, proprio come fanno i rabbini per quelli ebrei. A criticare aspramente l’approccio di Nadaf è l’ex patriarca latino di Gerusalemme Michel Sabbah, accusandolo di «tradimento dell’identità palestinese» al pari di quanto fatto da alcuni deputati arabi della Knesset. Ma il sacerdote greco-ortodosso non fa passi indietro: «Sostengo l’integrazione dei cristiani nella società israeliana e la chiave per riuscirci è il servizio militare, i cristiani servono negli eserciti di molte nazioni e possono farlo anche qui, tanto più che gli ebrei non sono nostri nemici, il cristianesimo viene dall’ebraismo».

 

Fra le giovani reclute che condividono tale approccio c’è Faras Mattar, 19 anni, di Cana, secondo il quale «Israele difende tutti i suoi cittadini e io voglio fare la mia parte, difendere la mia famiglia e nazione, senza curarmi di chi afferma il contrario». Jennifer Jozel, 17 anni, in settembre si arruolerà nell’aviazione e vuole essere assegnata alle batterie dell’”Iron Dome” che proteggono città e villaggi: «Quando i razzi cadono non distinguono fra ebrei e non, minacciano tutti e io voglio difendere tutti».

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