Cristiani, Corte europea: libertà di coscienza negata | Tempi.it

gennaio 16, 2013 Leone Grotti

Lilian Ladele è stata obbligata ad andare contro la sua coscienza o a lasciare il lavoro. Due giudici della Corte europea non ci stanno: «Il diritto alla libertà di coscienza va rispettato».

I cristiani hanno il diritto di mostrare in pubblico la propria fede e per questo possono indossare simboli religiosi. Ecco perché, come riportato da tempi.it ieri, la Corte europea per i diritti umani ha dato ragione a Nadia Eweida, dipendente della British Airways, licenziata perché non voleva togliere la catenina con il crocifisso, non prevista dal “dress code” dell’azienda.

LIBERTÀ DI COSCIENZA VIOLATA. Nadia Eweida non è però l’unica cristiana ad avere fatto ricorso al tribunale: altre tre persone, tutti del Regno Unito, sostenevano di essere stati discriminati in base alla loro fede cristiana. I giudici hanno respinto la loro tesi, ma non all’unanimità. A far discutere è soprattutto il caso di Lilian Ladele, che lavorava al Islington Borough Council di Londra come impiegata all’anagrafe per la registrazione dei matrimoni. Quando la legge inglese nel 2004 ha approvato le unioni civili si è rifiutata di partecipare come impiegata-testimone a matrimoni omosessuali, chiedendo di poter fare obiezione di coscienza. Nel 2007 è stata obbligata a partecipare alle cerimonie e per questo ha fatto causa al datore di lavoro, ritenendo violata la sua libertà di coscienza.

 

CRISTIANI SACRIFICATI. Tutti i giornali inglesi, in testa il The Guardian, hanno lodato la Corte europea e criticato i cristiani affermando che «la libertà religiosa è un diritto umano riconosciuto sia dal Regno Unito che dalla legge europea ma non è un diritto assoluto». Se confligge, è la tesi, con i diritti degli omosessuali non è più valido. L’obiezione di coscienza di Lilian Ladele non impediva che le unioni civili tra omosessuali venissero celebrate, erano disponibili anche altri testimoni, per cui il diritto di nessun altro veniva leso ed è anche per questo che due dei sette giudici della Corte europea per i diritti umani hanno affermato, in contrasto con la maggioranza e in un documento annesso alla sentenza, che la tolleranza e i diritti dei cristiani «sono stati sacrificati sull’altare dell’ossessione per il politically correct».

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