Dalla crisi siriana potrebbe nascere un Medio Oriente tutto nuovo | l’Occidentale

La Siria è stata inventata dai vincitori della prima guerra mondiale. E’ una costruzione artificiale, oggi messa in discussione dalla rivolta anti-Assad. Quest’ultima non è solo uno brutale scontro etnico e confessionale. E’ anche una guerra per procura. In Siria s’incrociano interessi e rivalità regionali e globali. Il regime e i vari gruppi di rivoltosi combattono anche per gli interessi di attori esterni. Ciascuno riceve dai propri sponsor aiuti politici, finanziamenti e armi. I colpi di mortaio che hanno colpito dalla Siria il territorio turco e la dura risposta di Ankara potrebbero segnare un punto di svolta della situazione. Dallo stallo attuale si potrebbe passare a uno scenario di tipo libico. Il condizionale è d’obbligo. A parer mio, le tensioni continueranno, ma è improbabile un conflitto fra i due Stati.

I principali attori del “gioco” hanno interessi contrapposti, spesso anche al loro interno. La rivolta è divisa. Domina l’incertezza su quale sia il reale peso delle sue varie componenti. Washington appoggia i rivoltosi perché la caduta del regime di Assad infliggerebbe un duro colpo all’Iran, rendendolo più malleabile nei negoziati sul nucleare e sui nuovi assetti geopolitici nel Golfo. Isolerebbe poi l’Hezbollah libanese. Infine, la cacciata di Assad consentirebbe di umiliare Mosca, che lo sostiene. Washington non intende però impegnarsi, più di quel tanto, nel ginepraio etnico e confessionale siriano: è sotto elezioni; sospetta che l’islamismo radicale risulti vittorioso; teme che aumentino le tensioni fra la Siria e Israele. Qualsiasi nuovo governo sfrutterebbe le tensioni con un nemico esterno per mantenere unito il paese. Per questo, gli USA, pur sostenendo la Turchia, loro alleato sempre più indispensabile, si oppongono a un’escalation della reazione turca.

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