Dall’Egitto all’Afghanistan senza pietà. Così l’Islam uccide i bambini in nome del Corano | il Quintuplo

Micalessin Malala vive. Ma vivono anche i suoi sicari. I chirurghi ce l’ hanno fatta. Son riusciti ad estrarre dal cranio della 14enne ragazzina pakistana quel proiettile di kalashnikov destinato a sopprimere la sua innocente voglia di libertà, a imporre il lugubre silenzio del terrore islamista. Ma sopravvive anche chi la voleva morta. Sopravvive la furia cieca di un islam radicale pronto a massacrare anche i bimbi nel nome del Corano e del Profeta. L’ aspetto più agghiacciante del tentato assassinio di Malala Yusafzai è la sua consequenzialità. Il tentativo di eliminare questa ragazzina colpevole d’ aver descritto l’ opprimente regime imposto ai civili nelle provincie pakistane sotto controllo talebano, è solo l’ ennesimo assassinio, o tentato assassinio, ai danni di un fanciullo perpetrato nel nome dell’ islam. E la condanna dell’ Unicef, per ricordare come nulla giustifichi la violenza contro l’ infanzia innocente, servirà a poco. L’ agguato a Malala, colpita assieme a due compagne sedute con lei sullo scuolabus, arriva dopo la decapitazione di un bimbo in Afghanistan. Segue le accuse di blasfemia, un reato punito con la pena capitale, rivolte sempre in Pakistan ad una bimba cristiana.

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