DECAPITAZIONI DELL’IS NUOVI SACRIFICI UMANI PER ALLAH | Ereb

 

Le immagini delle decapitazioni ad opera dei terroristi islamici dell’Is e i loro messaggi di morte contro gli infedeli hanno un significato teologico e non di semplice esecuzione di ostaggi o prigionieri. Questa è la principale ragione che spinge i militanti dello Stato islamico ad insegnare ai bambini come tagliare le teste, azione che esula completamente da un concetto di norma o giustizia, seppur aberrante, come la punizione con la morte tramite decapitazione prevista fra l’altro nella sharia. I video apparsi in questi giorni di bambini di poco più di otto anni che imparano a decapitare le bambole e inneggiano al martirio, come le decapitazioni dei giornalisti statunitensi James Foley e Steven Sotloff e del cooperante britannico David Haines hanno il doppio scopo di intimidire l’occidente e di rendere onore ad Allah con il sacrificio di un infedele.

La teologia dell’Is ispirata dal wahhabismo e dalla mistica jihadista delineata a cavallo dei secoli XIII e XIV da Taqî ad-Dîn Aḥmad ibn Taymiyyah.Nel suo libro “Il Sacrificio” lo storico René Girard spiega come a differenza dell’opera biblica e dei vangeli abbiano permesso all’uomo di superare il tema del sacrificio umano per placare l’ira di Dio, partendo dall’assunto che la vittima sacrificale è innocente e facendo riflettere l’uomo sul travaglio interiore dell’uccisione di un innocente, come ad esempio nel sacrificio di Isacco. Nell’Islam il “non uccidere” è pura norma giuridica, non si uccide perché è scritto nel Corano non perché è contro l’uomo. Quindi se Maometto ammette l’uccisione degli infedeli per purificare il mondo esso è giusto. “Il biblico e l’evangelico – spiega Girard – privano lentamente l’umanità delle sue ultime stampelle sacrificali”. Per lo storico le due religioni monoteiste “ci mettono faccia a faccia con la nostra stessa violenza” ci aiutano a comprendere che “il capro espiatorio è innocente, che non è affatto colpevole, significa distruggere la sua forza di strutturazione, significa demistificare veramente i miti, decostruirli, significa annientare il religioso arcaico e rivelare un religioso completamente diverso e tuttavia inseparabile da quello antico”. Secondo Girard sono appunto le “religioni sacrificali ad incarnare la schiavitù in tutte le sue forme, mentre il biblico e il cristiano conquistano una verità e una libertà di cui gli uomini possono fare un molto malvagio certo, ma che libera per sempre dall’impresa mitologica”.

Per l’Islam questo aspetto è inesistente, tanto che nel Sura XXXVII, 102 108, che descrive il sacrificio di Isacco, Abramo dice al figlio che Allah gli ha comunicato in sogno di sacrificarlo e il giovane accetta con sottomissione. Nel racconto biblico non vi è alcuna menzione di questo atteggiamento di Isacco tanto che la tradizione anche pittorica mostra sempre il ragazzo terrorizzato e urlante mentre il padre passa il coltello sotto la sua gola, così come è intuibile il travaglio interiore di Abramo che non dice al figlio che sarà lui la vittima sacrificale, affermando “Dio provvederà l’agnello per l’olocausto” [GN, 22, 1-19].

Questo grande equivoco e la prevalenza della norma giuridica sulla filosofia teologica hanno condotto nei secoli a ribaltare la prescrizione coranica del “non uccidere” in “uccidere gli infedeli”. Quanto sta facendo l’Is è la prosecuzione di un ideologia che ha radici lontane nel XIII secolo con Taymiyyah, ripresa poi nel XVIII secolo da al-Wahab e portata ai suoi estremi nel XX secolo rispettivamente da Hamas e Khomeini con l’aggiunta ai doveri del musulmano di quello del martirio per la fede, uccidendo i nemici della fede. In questo senso l’Is non ha fatto altro che proseguire su questa strada tracciata da altri ridando dignità teologica al sacrificio umano vero e proprio, senza troppi giri di parole.

Simone Cantarini

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