E i marines sbarcano a Sigonella

Gli Stati Uniti dispiegheranno 200 marines a Sigonella (Sr). Serviranno alle operazioni di evacuazione di personale civile dal Nord Africa. È questa, secondo Gianandrea Gaiani, direttore del sito specializzato Analisi Difesa, la prima risposta data dagli Usa alle emergenze causate dall’instabilità della Libia. Un modo per evitare che insurrezioni o manifestazioni si trasformino in tragedia per i cittadini americani, come è avvenuto il 12 settembre a Bengasi quando nell’attacco al consolato Usa ha trovato la morte Chris Stevens, l’ambasciatore in Libia.

L’invio di marines a Sigonella fa parte di un programma di ridefinizione di un nuovo assetto strategico di Washington in Africa settentrionale delle forze armate Usa?
Direi di no, penso invece che sia una risposta all’emergenza sicurezza in Libia. Oggi la Libia è dominata dall’instabilità e, secondo Washington, potrebbe esserci la necessità di evacuare gli statunitensi che operano in quel territorio (diplomatici, dipendenti di società che lavorano in quel Paese, uomini d’affari, ecc.). Siccome i marines sono la forza armata che tradizionalmente si occupa delle evacuazioni di emergenza nei Paesi a rischio (oltre che della sicurezza delle sedi diplomatiche), si è pensato di schierarne un piccolo contingente a Sigonella che è la base statunitense in Europa più vicina al Nord Africa.

Questa decisione è una risposta immediata all’ultimo attentato del 13 maggio a Bengasi?
No, a mio parere è una decisione presa da tempo. Non è un caso che qualche mese fa sono stati schierati 550 marines nella base spagnola di Moron con due aerei da trasporto C130 e 6 Osprey che sono aerei da trasporto che possono decollare e atterrare verticalmente (come elicotteri). Di questi 550 marines, 200 saranno spostati a Sigonella.

Questi marines potranno essere impiegati anche in interventi a vasto raggio in Africa?
Questo piccolo contingente non è una forza destinata a operazioni in Africa, ma serve unicamente per quelle che in gergo si chiamano «evacuazioni dei non combattenti», cioè i civili. Per fare questo si ha bisogno di una forza di pronto intervento con mezzi versatili (come appunto i velivoli Osprey che possono atterrare in un campo di calcio). È una forza di combattimento che può essere utilizzata per poche ore sul terreno. Facciamo un esempio. Se domani 500 miliziani di al-Qaeda circondassero l’ambasciata Usa di Tripoli in Libia, nascerebbe la necessità di evacuare i diplomatici e gli addetti di ambasciata. Le forze armate statunitensi potrebbero inviare questi aerei con i marines. I velivoli potrebbero atterrare nel recinto dell’ambasciata e, mentre i marines difendono il perimetro della sede diplomatica, gli aerei potrebbero portare via i civili.

Gli Stati Uniti hanno basi in tutto il continente, non si potrebbe far partire da queste basi i reparti di marines?
Le basi in Uganda, Etiopia, Niger, Marocco, Burkina Faso, Gibuti, ecc. hanno dimensioni ridotte . Da esse partono i droni, gli aerei spia e possono ospitano solo piccoli gruppi delle forze speciali.
Per evacuare i civili è invece necessaria una base tradizionale, con un aeroporto e un contingente consistente di uomini. Questi uomini vengono proiettati dove ci sono le emergenze ed è necessario mettere in salvo i civili. Sigonella risponde perfettamente a queste esigenze: è molto grande, è vicina al Nord Africa, può ospitare centinaia di uomini. Tripoli e Bengasi sono poi sul mare. La Marina Usa ha nel Mediterraneo diverse navi che possono fornire appoggio alle operazioni.
Enrico Casale

Fonte: E i marines sbarcano a Sigonella.

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