Egitto, ancora scontri migliaia in piazza

Migliaia di persone sono tornate in piazza oggi in Egitto (da Alessandria a Il Cairo) per chiedere al presidente Mohamed Morsi di formare un governo di unità nazionale, dopo le violenze che la scorsa settimana hanno fatto numerose vittime. Al Cairo, una forte pioggia non ha fermato migliaia di persone che hanno sfilato verso Piazza Tahrir, scandendo slogan come «Abbasso i Fratelli Musulmani». Altri si sono radunati nei pressi del palazzo presidenziale, verso il quale sono stati lanciati alcuni ordigni incendiari, che hanno provocato un piccolo rogo nel giardino dell’edificio. Le forze di sicurezza hanno usato gli idranti per disperdere la folla.

Secondo il quotidiano al-Ahram, diverse persone sono rimaste ferite a piazza Simon Bolivar, nei pressi dell’ambasciata degli Stati Uniti. I feriti sarebbero stati raggiunti da cartucce sparate da ignoti. Nella zona si sono registrati anche scontri tra manifestanti e forze di sicurezza, con lancio di sassi da parte dei civili contro gli agenti.

La marcia più imponente si è svolta a Port Said, dove i manifestanti scandivano slogan come «Il popolo vuole abbattere il regime» e «Abbasso il governo della Guida Suprema», in riferimento alla leadership del gruppo dei Fratelli Musulmani, da cui proviene Morsi. Proprio a Port Said, esattamente un anno fa, scontri violenti nello stadio di calcio fecero 74 vittime. I manifestanti scesi in piazza oggi contestavano la natura “politica” della strage.

Migliaia in piazza anche ad Alessandria, dove i manifestanti hanno marciato verso il centro della città tra ingenti misure di sicurezza, soprattutto intorno ai palazzi governativi. A Suez, i manifestanti hanno sfilato portando finte bare, per commemorare le vittime delle violenze dei giorni scorsi. «Abbiamo abbattuto il regime di Hosni Mubarak con una rivoluzione pacifica – ha detto Mohamed ElBaradei, leader del Fronte di salvezza nazionale, promotore delle manifestazioni di oggi – e insistiamo a perseguire il nostro obiettivo nello stesso modo, a prescindere dai sacrifici che questo richiederà e da quanto sarà dura l’oppressione».

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