Egitto, il rapimento delle ragazze copte – Vatican Insider

L’associazione che si occupa della scomparsa delle giovani indica le cifre allarmanti di un fenomeno in aumento

Marco Tosatti

Mentre il presidente egiziano Morsi affida a islamisti salafiti e della Giama’a al-Islamiya sette governatorati su diciassette, rafforzando così il potere dei fondamentaliti musulmani sul Paese, è ancora aperto il problema della sparizione di ragazze copte, probabili vittime di rapimenti e di matrimoni forzati da parte dei fondamentalisti islamici.

Un’associazione, chiamata Association of Victims of Abduction and Forced Disappearance (AVAFD) non cessa di cercare di dare voce alle vittime di una pratica che con la caduta del regime di Mubarak ha assunto caratteristiche sempre più gravi.

Ibraam Lewis, fondatore dell’associazione, dichiara: “L’associazione ha sporto 45 denunce presso il Procuratore Generale, e ha presentato un memorandum alla giunta militare durante il periodo di transizione, oltre al memorandum presentato al ministro degli Interni”. Inoltre ha organizzato tutta una serie di incontri di sensibilizzazione al problema, in particolare con Hossam Ghiryani, presidente del Consiglio nazionale per il diritti umani, con membri del Consiglio stesso e con membri del Consiglio della Shura, l’autorità consultiva dei governatorati.

Le cifre offerte da Lewis sono impressionanti: l’Associazione avrebbe registrato circa 500 casi di rapimenti di ragazze copto-cristiane nel periodo che è seguito alla “rivoluzione”. In almeno un caso, testimoniato da un giornalista francese, una delle ragazze, rimasta per sessanta giorni in mano dei suoi rapitori, ha subito l’asportazione della croce tatuata sulla sua mano.

Anche se il fenomeno dei rapimenti di giovani donne e della loro forzata islamizzazione sia abbastanza comune in Egitto, specialmente con l’ascesa al potere degli islamici, il caso di una ragazzina di 14 anni, Sarah, ha provocato una reazione nell’opinione pubblica. Sarah Ishaq Abdelmalek stava andando a scuola il 30 settembre a el-Dabaa scorso con sua cugina Miriam quando si sono fermate in una libreria. Miriam ha lasciato Sarah nel negozio; e da allora nessuno l’ha più vista. Suo padre ha denunciato la scomparsa alla polizia; e subito dopo ha ricevuto una telefonata, in cui gli si annunciava che non avrebbe più visto sua figlia.

Il vescovo Anba Pachomius ha dato istruzioni a padre Bigem, supervisore delle chiese della zona, di inviare una petizione al presidente Morsi, informandolo del rapimento, e accusando Mahomoud Selim Abdel Gawad, proprietario di un negozio di libri vicino alla scuola; Abdel Gawad è figlio di un leader salafita nell’area.  “Le forze di sicurezza sanno dove è la ragazzina” ha detto padre Bigem, “e hanno promesso di risolvere la questione, ma sono solo parole”.

Le organizzazioni per i diritti umani e altre organizzazioni hanno organizzato azioni a favore di Sarah, chiedendo che sia riunita alla sua famiglia senza indugio. Ma il Fronte Salafita ha emanato un comunicato, ammonendo le organizzazioni dei diritti umani, e in particolare il Consiglio Nazionale delle Donne, di non tentare di far tornare Sarah alla sua famiglia, dal momento che si è convertita all’islam e ha sposato un musulmano. Il comunicato afferma che Sarah “ha raggiunto la pubertà, e può affrontare il matrimonio con le sue conseguenze e responsabilità”.

Il caso continua a essere dibattuto; e forse sarà necessario – dicono le organizzazioni per i diritti umani – appellarsi al Tribunale internazionale, dal momento che non sembra che le autorità islamiche vogliano difendere la legge di fronte alle minacce salafite.

Fonte: Egitto, il rapimento delle ragazze copte – Vatican Insider.

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