Egitto, la resistenza copta per evitare la sharia nella Costituzione

Mentre sale la tensione tra il presidente Morsi e il Consiglio Miliare, la questione della legge islamica complica i rapporti tra gli islamisti e la minoranza cristana

di Giorgio BernardelliCopti in Egitto

Sono ore di tensione in Egitto per il braccio di ferro tra il neo-presidente Morsi e il Consiglio dei militari sullo scioglimento del Parlamento decretato dalla Corte suprema. Al di là di quelli che saranno gli esiti al Cairo è però in corso anche un altro scontro – non meno incandescente – intorno all’articolo II della nuova Costituzione, quello cruciale in cui si afferma il ruolo della sharia (la legge islamica) in rapporto alle leggi dello Stato. Un tema fondamentale in un Paese in cui la caduta del regime di Mubarak ha portato al potere gli islamisti. E a cui la minoranza cristiana copta guarda come a un passaggio decisivo per capire se le rassicurazioni ricevute dai Fratelli musulmani in questi giorni sono affidabili oppure no.

In discussione non è la presenza del riferimento alla sharia nella Costituzione: quello esisteva già con Mubarak e al Cairo nessuno si illude che siano gli islamisti a toglierlo. L’articolo II dell’attuale legge fondamentale recita, dunque, che «l’islam è la religione ufficiale dello Stato, l’arabo è la sua lingua e i principi della sharia sono la fonte principale della legislazione». Il problema è che i salafiti del partito al Nour – l’ala degli islamisti ancora più integralista rispetto ai Fratelli musulmani – la ritengono una formulazione troppo vaga: anziché citare «i principi» vorrebbero che la Costituzione facesse riferimento esplicitamente alle «regole della sharia». Un cambiamento che non è solo una questione di parole.

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