Egitto, più che la primavera è un gran casino arabo | l’Occidentale

di Marcello Inghilesi – 8 Luglio 2013

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In piazza Tahrir, al Cairo, c’è stato di tutto: fin dall’inizio. Religiosi e laici; operai e colletti bianchi; lavoratori e diseredati; vecchi e giovani; donne intasate nei loro veli e donne aggressive moderne; studenti e intellettuali: armi e bastoni. Di tutto. I più di 40 partiti che si contendono il potere non rispondono ad una logica politica, all’ “occidentale”; ci sono lotte intestine religiose (più di dieci fazioni islamiste , più o meno tolleranti nei confronti dei cattolici coopti), ideologiche (dai vaghi liberali ai vaghi comunisti), rivoltose , conservatrici. Una miscela ingestibile e ingovernabile. E talvolta violenta, con assassini e stupri di piazza. E tutto questo perché? Per quella che sbrigativi intellettuali nostrani chiamarono “primavera araba”. Diplomatici e “servizi” occidentali dovevano sapere bene che non si sarebbe trattato di una “primavera”, ma di un autunno, vicino all’inverno, ventoso e carico di brutti segni per le stagioni future.

In Egitto Mubarak fu eliminato perché il suo cerchio di potere si stava lentamente spostando dalle forze armate alla sua famiglia. Le forze armate indispettite  lo fecero fuori, alleandosi per la bisogna ai loro nemici storici, islamisti , in generale, “fratelli mussulmani” in particolare e intellettuali antimilitari. Le forze armate hanno provato a far governare i “fratelli mussulmani”, concedendo pure qualche testa,  come quella del loro capo Tantawi; ma mantenendo rigorosamente tutti i loro privilegi economici e sociali. Accettarono così l’elezione di Morsi, che non era neppure il capo dei “fratelli mussulmani”, a  Presidente dell’Egitto (il primo presidente non militare dalla cacciata del re Faruk nel 1952 ). Morsi si è rilevato un disastro; perché non ha “unito”,  ma al contrario è stato solo un disciplinato esecutore degli ordini della sua confraternita mussulmana; perché non ha rispettato alcuno degli impegni presi alle elezioni; perché ha trascinato il Paese in una situazione economica e sociale  drammatica, in una spirale di povertà dilagante tra gente che, a quanto si legge, per il 30%  è ancora  analfabeta. Le spinte religiose e tribali si alimentano nella miseria e nella disperazione. Le piazze Tahrir si riempiono di gente arrabbiata che non ce la fa più, disposta anche  a morire , se non altro per una bandiera o una fede; assieme a gente che lotta per nuovi potere  e nuove ricchezze.

Mubarak, con il suo laicismo militare , duro e intollerante (nato anche sull’assassinio del suo predecessore Sadat da parte del  gruppo estremista al jihad) aveva portato il Paese ad uno stato di benessere  ben lontano dalla situazione attuale; e oggi molti, in cuor loro, lo rimpiangono e pensano che sarebbe stato più semplice tenere lui , emarginando tutta la sua corte familiare. Dopo lo scontro tra forze armate da un lato e fratelli mussulmani dall’altro, i primi riprendono il potere che avevano prestato; lo riprendono direttamente, da Stato nello Stato, facendo finta di prestarlo di nuovo (si dice che puntino questa volta sul tecnocrate civile El Baradei, che sta al Nobel per la pace, che ha ricevuto, come il nostro  Dario Fo sta a  quello per letteratura ). E poi? Poi con altre elezioni , la cui attendibilità, nella situazione data, è molto discutibile, si cercherà  un nuovo uomo della provvidenza; o un militare con grande carisma o un civile che oltre al carisma abbia  chiaro il concetto della sua sottomissione alle forze armate e al loro potere economico.

E’ superfluo dire che la situazione egiziana è determinante per il futuro del medio oriente e del Mediterraneo tutto. Quindi ulteriori errori non sono consentiti alle comunità internazionali . Se si passa dalla situazione A alla  , bisogna esser certi che la B sia migliore della A; cosa che non sembra essersi ancora verificata con la favola delle primavere arabe. A meno che la logica seguita fin qui sia stata quella del “divide et impera”; sciiti contro sunniti ; islamisti violenti contro i moderati; cattolici contro mussulmani; borghesia laica contro  militari; e così via.Logica cinica, perversa e pericolosissima per tutti noi. Che il mondo stia alla finestra di quello che sta succedendo in Egitto (o nella vicina Siria)  sembra una tesi un tantino ingenua, per gli appoggi materiali e non, dati a questo o quello. E che errori madornali siano stati compiuti nelle “primavere arabe” è ormai un fatto oggettivo. Le armi di Gheddafi sono sparse ormai in tutto il nord Africa; e non solo; e sono in funzione, per disgregare. In Egitto , per il bene di tutto il Mediterraneo, dobbiamo sperare che vinca uno Stato laico , lontano da guerre sante: militare o non.

Fonte: Egitto, più che la primavera è un gran casino arabo | l’Occidentale.

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