EGITTO/ Quel “gioco” tra l’esercito e i Fratelli musulmani per “risuscitare” Mubarak

lunedì 10 dicembre 2012

Le violente manifestazioni di protesta che nella notte tra mercoledì e giovedì hanno provocato sette vittime e centinaia di feriti hanno infine convinto Mohamed Morsi a fare un passo indietro. Il presidente egiziano ha infatti annunciato il ritiro del contestato decreto costituzionale che di fatto gli conferiva poteri pressoché illimitati, anche se adesso  l’opposizione chiede anche l’annullamento del referendum sulla nuova Costituzione, confermato per il 15 dicembre nonostante il ministero degli Esteri abbia già dato l’ordine alle ambasciate egiziane di sospendere le operazioni di voto all’estero. Convinta di trovarsi di fronte a una “manovra politica volta ad ingannare il popolo”, la coalizione all’opposizione si è recentemente riunita per valutare l’apertura del presidente, anche se l’orientamento generale sembra quello di continuare a protestare. Analizziamo gli ultimi sviluppi e i potenziali scenari futuri con Vincenzo Pace, docente di Sociologia della religione presso la Facoltà di Scienze Politiche dell’Università di Padova.

Professore, quanto cambia la situazione egiziana dopo il passo indietro di Morsi?

In realtà non cambia molto, però quanto deciso da Morsi è significativo perché conferma l’esistenza di un’opposizione all’interno della società egiziana che ha finalmente ritrovato una certa unità che mancava da tempo. Il presidente Morsi ha capito che non poteva semplicemente reprimere ogni protesta come avrebbe fatto qualsiasi altro dittatore e credo che i Fratelli Musulmani, con un certo realismo, abbiano intavolato una trattativa con il potere militare e che questo, viste le forti proteste, abbia di fatto imposto a Morsi di rivedere le sue posizioni.

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