Elogio di padre Hanna – Vatican Insider

Il francescano rapito aveva fatto ricorso al Tribunale islamico contro i soprusi delle bande jihadiste che controllano la regione. Un dettaglio rivelatore delle dinamiche reali vissute dai cristiani nel caos siriano. Fuori dagli stereotipi.

Gianni Valente
Roma

 

 

 

A Knayeh non sanno ancora dire con precisione quale brigata armata, più o meno jihadista, ha sequestrato nella notte tra domenica e lunedì padre Hanna Jallouf, insieme a alcuni giovani della parrocchia. Gli amici del francescano però hanno rivelato un particolare importante: padre Hanna, qualche giorno prima del rapimento, si era recato di persona al Tribunale islamico della zona. Voleva denunciare i crescenti soprusi subiti nelle ultime settimane dal convento da parte delle brigate di islamisti che spadroneggiano nell’area sottratta al controllo del governo di Damasco.

 

Il fatto è stato riferito all’agenzia missionaria Fides da persone vicine al sacerdote. E insieme a altre vicende, rivelate dalla stessa fonte, aiuta a cogliere nel vivo come vivono tanti cristiani nel caos siriano, e cosa li guida nelle loro scelte.

 

 

Gli amici di padre Hanna raccontano che il sacerdote era riuscito a curare e custodire la comunità cattolica locale, tutta raccolta intorno alla parrocchia di san Giuseppe, anche quando – ormai tre anni fa – quell’area nel nord-ovest siriano era caduta sotto il controllo dei ribelli anti-Assad. A quel tempo, le cancellerie occidentali esaltavano la rivolta contro Damasco, e in Occidente i cristiani siriani venivano accusati di essere quinte colonne del regime siriano. Una campagna che metteva persone come padre Hanna in pericolo. Quando sono arrivati i ribelli, i preti di altre comunità cristiane sono fuggiti. Lui è rimasto in parrocchia, così come i suoi parrocchiani sono rimasti nelle loro case. Non per esprimere una scelta di campo a favore dei nuovi arrivati. Ma semplicemente perché quello era il suo posto. Il luogo del suo apostolato.

 

 

Nel corso del tempo, a assumere posizioni di forza in quell’area nord-occidentale della Siria sono arrivati prima i jihadisti dello Stato Islamico dell’Iraq e del Levante (ISIL) e poi  i quaidisti di Jabhat al-Nustra. Per la popolazione sono iniziati piccoli e grandi soprusi: richieste di tasse, sequestri di proprietà e di case vuote, che venivano occupate dai miliziani e dai loro supporter. Padre Hanna è comunque riuscito a mantenere canali di contatto con i gruppi di miliziani. Quelli hanno ridotto gli spazi di agibilità per ogni attività pubblica della parrocchia. Ma non lo hanno mandato via. E lui è rimasto, «entrando in pazienza», come ripete Papa Francesco. Gli hanno imposto di non suonare le campane. Di coprire le statue della Madonna e dei santi. E lui, subendo, ha obbedito. Ha fatto tacere le campane, perché nella vita si può confessare il nome di Cristo anche senza campane. E si può pregare Maria, e affidarle le proprie lacrime, anche se ti fanno imbracare le sue statue. Alla scuola hanno vietato di insegnare dottrina cristiana. E loro, a malincuore, hanno obbedito anche a quello. Cercando di continuare a vivere da cristiani sotto chi comanda pro tempore, chiunque sia. Anche se sono quelli dell’Isis. Seguendo lo stesso intuito delle vicende umane, illuminato dalla fede, che li guidava quando il potere lo gestiva il regime autoritario degli Assad.

 

 

Così la parrocchia e il convento sono rimasti aperti. Ogni cinque o sei mesi, padre Hanna è riuscito anche a uscire dalla zona sotto controllo dei jihadisti. Una volta è arrivato fino in Libano, per sottoporsi a una piccola operazione. Ma anche in quelle occasioni non ne ha approfittato per fare qualche sortita in Occidente, magari per ritemprarsi facendo la vittima o l’eroe, come ospite di qualche talk show sulla persecuzione dei cristiani. Dopo ogni uscita veloce, con viaggi di rientro rischiosi, è sempre tornato dai suoi. Lì in quel pezzo di mondo dove lo ha messo il Signore. Perchè lì c’erano le suore, i ragazzi, i bambini da aiutare e consolare. C’era da fare il catechismo. Da organizzare i corsi estivi. Nonostante la guerra. Nonostante quelli di al-Qaida.

 

 

Poi, negli ultimi tempi, la situazione si è complicata. Le espropriazioni e i saccheggi da parte dei miliziani si sono intensificati e hanno preso di mira direttamente il convento. Hanno messo mano ai terreni, hanno sequestrato il raccolto delle olive, hanno puntato a prendersi il convento delle suore. Così, anche in questa storia ha fatto ingresso una cifra-chiave di ciò che sta succedendo in Medio Oriente. La cifra di solito occultata dai war games mandati in onda sul media system globale e dalle tirate sullo “scontro di civiltà”: anche a Knayeh, i sicari del furore islamista puntano ai soldi, rapinano le case. Vogliono la “roba”. Anche lì, come altrove, la loro pseudo-ideologia religiosa si muove al ritmo del denaro.  Quello che arriva dai Paesi del Golfo. Quello dei bonifici estero su estero finiti sui conti dei mercenari europei. Quello delle somme da capogiro mosse dal mercato delle armi e dalla gestione jihadista del petrolio.

A quel punto, il parroco francescano si è recato al tribunale islamico, per denunciare le vessazioni subite. Ha mostrato di prendere formalmente atto delle parole propalate dalla propaganda islamista, che preannuncia un nuovo “ordine” e una nuova giustizia amministrati in nome di Dio. Col suo gesto, padre Hanna ha provato a verificare con umiltà in che modo quell’annunciata giustizia con conclamata radice religiosa può garantire – come prescrive la Sharia  – anche i diritti limitati di un suddito cristiano.

 

 

Pochi giorni dopo, è scattata la spedizione della brigata che ha sequestrato il francescano siriano e alcuni suoi giovani parrocchiani. Così, senza battaglie e senza volerlo, padre Hanna ha anche smascherato la menzogna ideologica dei tagliagole. E soprattutto, ha mostrato a tutti come vive chi riconosce su di sé l’amore di Cristo. Anche nelle circostanze più difficili.

 

Adesso, a Knayeh, in Siria e i tutto il mondo, i suoi amici pregano per lui e per i suoi compagni rapiti. Ma in cuor loro confidano che uno così il Signore lo conforta, e non lo lascia mai solo. Qualunque cosa succeda.

viaElogio di padre Hanna – Vatican Insider.

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