“Eutanasia legale”: le cinque menzogne dei Radicali | UCCR

Condensare tante bugie ed imprecisioni in poche righe è impresa difficile. Occorrono abilità, determinazione e soprattutto esperienza di propaganda; tutte qualità di cui i Radicali sono maestri indiscussi, a partire da quando, decenni fa, non si fecero problemi a divulgare cifre del tutto surreali a proposito degli aborti clandestini e del numero di donne morte per mano delle mammane.

Per questo non stupiscono i molti errori presenti nel testo della “Proposta di legge di iniziativa popolare su: Rifiuto di trattamenti sanitari e liceità dell’eutanasia”, per la quale è avviata, a livello nazionale, una raccolta firme. Errori che, per comodità di chi legge, ci permettiamo di sintetizzare e presentare in cinque punti, iniziando dalla relazione introduttiva.

 

1) «Ben oltre la metà degli italiani, secondo ogni rilevazione statistica, è a favore dell’eutanasia legale».
FALSO: nessuna «rilevazione statistica» dice che «ben oltre la metà degli italiani» vuole l’eutanasia legale. Semmai anni fa delle rilevazioni riscontrarono come, per esempio, il 64% degli italiani fosse favorevole all’eutanasia per Piergiorgio Welby (1945-2006): ma si trattava di rilevazioni effettuate in giorni di forte condizionamento mediatico determinato proprio dal dibattito sul cosiddetto “caso Welby” e per di più commissionate dal quotidiano Repubblica, che non può certo considerarsi fonte di massimo equilibrio. Lo stesso, citatissimo studio Eurispes del 2007 – che rilevò come il 68% degli Italiani sarebbe favorevole all’eutanasia – è da considerarsi scarsamente attendibile, non foss’altro per la definizione, a dir poco imprecisa ed edulcorata, che alle persone consultate si diede dell’eutanasia, vale a dire «la possibilità di concludere la vita di un’altra persona, dietro sua richiesta, allo scopo di diminuire le sofferenze»: imprecisa perché non contempla affatto tutte le varianti pratiche dell’eutanasia, che sono molteplici, come i bioeticisti sanno bene -, edulcorata perché «concludere la vita di un’altra persona» è espressione volutamente zuccherosa rispetto alla gravità di quello che il nostro Codice penale, ex art. 579, chiama omicidio del consenziente, prevedendo la detenzione fino a 15 anni.

 

2) Sempre stando alla relazione della proposta dagli amici della “dolce morte”, si presenta poi l’eutanasia legale come «morte opportuna invece che imposta nella sofferenza».
FALSO: nessuno, ma proprio nessuno chiede o peggio ancora augura una morte «imposta nella sofferenza»; di certo non la vogliono i cattolici, che invece auspicano che a ciascun malato sia assicurata piena assistenza farmacologica ed umana e, se afflitto da sofferenze, il massimo alleviamento del dolore attraverso la somministrazione di opportune cure. Ne parlava già Papa Pacelli (1876-1958), il quale nel lontano 1957 si spinse a precisare che se anche se «la somministrazione dei narcotici cagiona per se stessa due effetti distinti, da un lato l’alleviamento dei dolori, dall’altro l’abbreviamento della vita» essa è da ritenersi «lecita». Analogamente il Catechismo spiega che «l’uso di analgesici per alleviare le sofferenze del moribondo, anche con il rischio di abbreviare i suoi giorni, può essere moralmente conforme alla dignità umana, se la morte non è voluta né come fine né come mezzo, ma è soltanto prevista e tollerata come inevitabile». Nessuna morte «imposta nella sofferenza», dunque. La morte «imposta nella sofferenza» esiste solo nella mente dei fautori dell’eutanasia legale, che la utilizzano come pretesto per la loro campagna.

 

3) La citata relazione continua dicendo che «i vertici dei partiti e la stampa nazionale» preferiscono non parlare di eutanasia. Questa poi.
FALSO: di eutanasia si parla, invece. E se ne parla pure molto, senz’altro molto di più di altri pur urgentissimi temi di rilevanza sociale. Consultando l’archivio on line del primo quotidiano d’Italia, il Corriere della Sera, scopriamo per esempio che dal 2000 al 2012 sono disponibili 317 risposte alla ricerca per la voce «eutanasia». 317 risposte che, per la cronaca, sono più di quattro volte le risposte riguardanti un problema di estrema gravità sociale come la «tossicodipendenza» (77) e più di tredici volte quelle di un altro gravissimo versante, quello della «pedopornografia» (24). Insomma, dire che di eutanasia si parla poco è, ancora una volta, una bufala. A questo punto ci si potrebbe chiedere come mai i radicali, se davvero e coerentemente aspirano a battersi per temi scomodi o comunque di cui la «stampa nazionale» preferisce non parlare, anziché per l’eutanasia legale non s’impegnino per la lotta alla tossicodipendenza o alla pedopornografia, ma la risposta, ahinoi, sembra fin troppo ovvia.

 

4) La relazione alla proposta di legge per l’eutanasia legale mente pure laddove allude al «rafforzamento della piaga tanto dell’eutanasia clandestina che dell’accanimento terapeutico».
FALSO: non c’è alcun rafforzamento dell’eutanasia clandestina. A meno che, naturalmente, non si dimostri il contrario. Nel frattempo, attendendoci a riscontri e non già ad opinioni, possiamo ricordare come uno dei pochi studi seri effettuati sull’argomento affermi che il 13% dei medici italiani di rianimazione abbia somministrato sostanze col deliberato intento di accelerare il processo di morte. Il che, se corrisponde al vero, vuol dire che quasi il 90% dei medici non ha mai effettuato nessuna operazione con fini eutanasici, e che non può essere certo il 10% o poco più di loro, vale a dire un’esigua minoranza, a determinare lo stravolgimento della normativa vigente. Viceversa, se pensiamo che basti la condotta di una minoranza a giustificare il cambiamento di approccio di un intero ordinamento su un tema, allora dovremmo fare lo stesso anche per l’evasione fiscale, dato che almeno una famiglia italiana su cinque evade il fisco. Eppure su questo versante – come su molti altri – l’attenzione dei radicali per la clandestinità dei fenomeni, stranamente, non si fa sentire. Chissà perché.

 

5) Passiamo infine all’articolo della proposta di legge, che si propone di tutelare l’autodeterminazione del paziente o comunque del cittadino sul versante del cosiddetto “fine vita”.
FALSO: le disposizioni della proposta di legge non vanno in questo senso. Anzi. Per esempio si prevede la possibilità di nomina di un fiduciario che, allorquando fossimo in condizioni di non poterci esprimere, dovrebbe far valere le nostre volontà terapeutiche (art. 1 comma 3). Peccato che sia dimostrato da accurati studi che un fiduciario, ancorché in buona fede, nel 50% dei casi – una percentuale notevole – male interpreti le volontà della persona che l’ha scelto quale garante delle stesse. Ma anche su questo, naturalmente, gli astutissimi paladini della libertà ad ogni costo tacciono. Esattamente come, allorquando alludono al fatto che un paziente possa essere «congruamente ed adeguatamente informato delle sue condizioni e di tutte le possibili alternative terapeutiche e prevedibili sviluppi clinici», sorvolano su tutte le criticità emerse dall’esperienza. Criticità che riguardano, per esempio, la notevole variabilità delle preferenze terapeutiche legate al mutare delle circostanze e delle condizioni di salute di chi le esprime. Senza considerare che non è la «sofferenza» a determinare richieste di morte, bensì la depressione e la disperazione, dato che, per esempio, il tasso di suicidi tra malati di cancro, alla luce di più evidenze, non supera la bassissima percentuale dello 0,3% (cfr. Di Mola G. Suicidio e richiesta di eutanasia nella popolazione di malati sofferenti, in AA.VV. Questioni di vita o di morte, Guerini studio, Milano 2004, p. 142)

 

Riassumendo: non è vero – o comunque non è affatto dimostrato – che la maggior parte degli italiani sia favorevole all’eutanasia legale; non è vero che l’alternativa all’eutanasia legale è la morte «imposta nella sofferenza»; non è vero che di eutanasia si parla poco, anzi; non esiste alcuna evidenza su una grande diffusione dell’eutanasia clandestina e meno ancora circa un suo presunto «rafforzamento»; non è vero che la Proposta di legge di iniziativa popolare su: Rifiuto di trattamenti sanitari e liceità dell’eutanasia tutela l’autodeterminazione e le volontà terapeutiche del paziente, mentre invece è evidente che getta le basi per la sua negazione, specie con la previsione della nomina di un fiduciario. Insomma, per farla breve quella dell’eutanasia legale come soluzione per venire incontro alle esigenze o ai diritti dei cittadini è solo una grande, grandissima bufala. Il solo modo «per vivere liberi fino alla fine» non è firmare per l’eutanasia legale, bensì tenersi alla larga da simili iniziative. Il più possibile.

Fonte: “Eutanasia legale”: le cinque menzogne dei Radicali | UCCR.

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