Famiglia e gender: una rivoluzione culturale che viene da lontano|Comunità Ambrosiana

Roberta Romanello

All’inizio di ottobre si è svolto Brescia un importante convegno organizzato dalla diocesi di Brescia e da diverse associazioni – tra cui Alleanza Cattolica – dal titolo “La famiglia, nuova periferia esistenziale?”. È stato l’ultimo di una serie, tutti organizzati a Brescia, ogni anno, che hanno visto la partecipazione di importanti protagonisti della battaglia per la valorizzazione dell’identità della persona e contro l’ideologia gender, che vuole togliere all’uomo ciò che dovrebbe custodire più gelosamente perché cardine della propria personalità: la propria identità sessuale. Sono intervenuti, infatti, negli anni scorsi Gerard van den Aardweg, Joseph Nicolosi, Tony Anatrella, Dale O’Leary, tutti protagonisti nel nostro tempo della buona battaglia.

Ha aperto i lavori Marguerite Peeters, la principale protagonista del convegno di quest’anno, con due interventi, uno di carattere storico-culturale, l’altro che analizza il nuovo linguaggio utilizzato per portare avanti la rivoluzione culturale dell’ideologia gender. Scrittrice, giornalista, esperta di movimenti culturali e politici, profonda conoscitrice del potere del linguaggio e della sua capacità di modificare decisioni, posizioni, mentalità, Peeters è autrice del recente volume IL GENDER, una questione politica e culturale (S Paolo, 2014).
La Peeters ha così ripercorso le tappe storiche, filosofiche, ideologiche e politiche che hanno portato a una visione dell’uomo sempre più astratta, un uomo che diventa sempre meno persona e sempre più “detentore laico di diritto” liberato dalla schiavitù dell’autorità. In questo processo, cominciato con la Rivoluzione Francese, che ha segnato la nascita della democrazia occidentale, si è passati dall’omicidio culturale della parola “padre” (Rousseau sosteneva che “essere padri è un privilegio sociale che si contrappone all’uguaglianza”), alla morte di Dio proclamata da Nietzsche. Ella ha quindi analizzato la ribellione al principio di autorità avvenuta nel maggio del 1968, parallelamente alla diffusione di una nuova visione della donna che si vuole liberare dalla “schiavitù della riproduzione” e che vuole possedere totalmente il suo corpo, decidendo anche di poter eliminare il proprio figlio ancora in grembo, se questo diventa un ostacolo alla sua libertà.

La Peeters cita tre figure chiave degli anni ’60 e ’70 che hanno caratterizzato questo processo di distruzione dei legami familiari: Margaret Sanger (1879-1966), fondatrice dell’IPPF International Planned Parenthood Federation (Federazione Internazionale per la Pianificazione Familiare) ‒ una delle ONG più potenti a livello mondiale, presente in tutti i Paesi del mondo con partnership esclusive col Ministero dell’Istruzione ‒, che esercita da decenni un monopolio sugli orientamenti dell’educazione sessuale in molti Paesi. La Sanger ha espressamente fondato questa organizzazione per liberare la donna dalla “schiavitù della riproduzione”.
La seconda figura chiave è quella di John Money (1921-2006), sessuologo, che nel 1955 per primo ha interpretato ideologicamente la sessualità definendo il “gender role” come “tutte le cose che una persona dice (says) o fa (does) per rivelarsi al maschile o al femminile”, e dichiarando che il sesso biologico non ha alcuna rilevanza nella crescita dell’identità sessuale di un individuo, perché l’identità sessuale può essere educata secondo il proprio desiderio. Money è stato il primo a procedere con un’operazione di riassegnazione chirurgica del sesso (RCS) su Bruce Reimer, vera e propria cavia umana, educato successivamente all’operazione come una bambina, per dimostrare che l’identità di genere è socialmente costruita e indipendente dal sesso genetico.
La terza figura chiave è Judith Butler, capofila del movimento gender, che afferma la stessa cosa di Money utilizzando un linguaggio performativo: l’identità sessuale non si riceve, ma si fa e si dice; l’identità è costruita dalla volontà arbitraria e soggettiva dell’individuo. Una vera e propria trans-creazione, come affermava Nietzsche, dove l’individuo vuole ricrearsi da sé attraverso la PAROLA, come se fosse Dio.

Nel secondo intervento, la Peeters mette in guardia dal linguaggio e dai vocaboli utilizzati dalla nuova “governance mondiale”: un governo non eletto democraticamente ma operativo e potente, che si avvale di una ricca rete di agenzie e ONG, che formano potentissime lobbies, e che influenzano i governi e le istituzioni. Parole quali “governance”, “consenso”, “partnership o partenariato”, “democrazia partecipativa”, “stakeholder“, “empowerment”, “equality” “mainstreaming”, e “gender”, sono tutti concetti politici entrati nel linguaggio comune, che esprimono la nuova etica portata avanti dai nuovi padroni del mondo; un’etica che vuole mettere tutti d’accordo, ma che nasce già malata perché si ispira ai sistemi e ai modelli di vita occidentali che sono ormai decadenti e post-moderni, che hanno già istituzionalizzato la rivoluzione culturale e sessuale, e che vogliono esportare in tutto il mondo questa visione dell’uomo e della vita . Le Nazioni Unite in questo contesto di decadenza hanno avviato una fase di costruzione del nuovo consenso mondiale attraverso l’organizzazione di grandi conferenze dal 1990 al 1996, che hanno interessato tutti gli argomenti etici: educazione, ambiente, infanzia, sviluppo, diritti umani, questione della donna, dove viene utilizzato questo nuovo linguaggio, che è di fatto ambiguo, ambivalente, incomprensibile ai più nella sua vera portata rivoluzionaria. La strategia globale volta alla promozione della parità di genere (gender equality) è stata portata avanti in modo pressante in occasione della Conferenza Mondiale di Pechino sulle donne (1995) per mezzo del concetto di “gender mainstreaming”; in nome di questa ideologia i governi sono tenuti a intraprendere iniziative legislative per l’attuazione delle politiche gender, volte a eliminare gli stereotipi di genere, e i ruoli imposti dalla tradizione, perché “le madri possono non essere donne, e i padri possono non appartenere al sesso maschile”.

La lettera che il cardinale Robert Sarah ha indirizzato a tutti i partecipanti del convegno, agli uomini di buona volontà e ai politici, denuncia di fatto l’Occidente, che vuole esportare questa nuova visione dell’uomo anche in quei Paesi che hanno tradizioni completamente diverse. Di fatto “l’Occidente è in preda a una profonda crisi culturale e identitaria, religiosa e antropologica: vuole distruggere la famiglia, ma quel che è peggio è che l’Occidente vuole esportare questa visione mortale anche in altri Paesi” e per farlo utilizza il ricatto. Infatti, gli aiuti per lo sviluppo economico e sociale all’Africa sono condizionati dall’accettazione e applicazione dell’ideologia di genere; si “offrono milioni di dollari agli africani affinché promuovano la contraccezione, l’aborto, l’omosessualità” denuncia il cardinale nella sua lettera. Ma il cardinale non si ferma qui: denuncia anche l’abuso linguistico perpetrato per portare avanti questa ideologia, perché è scorretto parlare di “tutte le forme di famiglia” perché le unioni tra persone dello stesso sesso non possono diventare modelli di riferimento in quanto costituiscono in realtà una “tragica espressione di problemi individuali”. “La famiglia non può essere confusa con un qualsiasi tentativo di associazione affettiva”. “L’omosessualità non è stata un valore sociale, meno che mai coniugale o familiare, rappresenta invece una tragica incompletezza dell’identità sessuale”.

Durante il convegno sono stati mostrati anche alcuni video commentati dallo psicoterapeuta e psicanalista Giancarlo Ricci; il primo video è un’intervista a Oscar Lopez, ex omosessuale, che ha testimoniato com’è stato difficile per lui uscire dal circolo vizioso dell’omosessualità. Lopez è stato cresciuto da una madre lesbica e dalla sua partner, e proprio la mancanza di una figura maschile di riferimento gli ha impedito di costruire fino in fondo la propria personalità al maschile. È stato difficile per lui scoprire la sua vera identità, perché vivere in un ambiente omosessuale non gli ha permesso di capire chi fosse veramente, cosa voleva veramente.
Il secondo video è un’intervista a John Colapinto, autore del libro Bruce, Brenda e David. Il ragazzo che fu cresciuto come una ragazza (San Paolo, 2013), che racconta del tragico caso di Bruce Reimer, che da piccolissimo aveva perso il pene a causa di una circoncisione effettuata malamente, e che il dottor Money, sottopose alla riassegnazione chirurgica del sesso. Money sosteneva che se Bruce fosse stato educato come una bambina si sarebbe immedesimato nella nuova identità sessuale. Bruce diventò Brenda, ma non si riconobbe mai una femmina; scoperto ciò che gli era stato fatto, decise ‒ non senza enormi sofferenze psichiche e fisiche ‒, di sottoporsi nuovamente a interventi chirurgici per poter tornare maschio. David stesso decise di rendere pubblica la sua vicenda, perché non voleva che la stessa orribile cosa succedesse ad altri. Ma David non superò mai gli enormi traumi subiti, e dopo inaudite sofferenze psicologiche e fisiche, si tolse la vita nel 2004. Ricci ha infine mostrato un video in cui è lo stesso David Reimer a parlare, e dove racconta del profondo malessere che gli provocavano le sedute e le visite dal dottor Money, che non ha esitato a utilizzare metodi discutibili, se non criminali, per studiare il caso e poter confermare la sua assurda tesi, che ancora oggi molti ritengono fondata scientificamente.

L’intervento di Giancarlo Cerrelli, avvocato canonista, cassazionista e vicepresidente dell’Unione giuristi cattolici nonché responsabile di Alleanza Cattolica a Crotone, ha illustrato come, nel momento in cui il diritto non viene più riconosciuto come un ordine scritto nelle cose, che va letto con occhi umili e tradotto in norme, può diventare strumento per la manipolazione ideologica della realtà.

Massimo Gandolfini, neurochirurgo, ha dimostrato come, dal punto di vista delle neuroscienze, l’omogenitorialità non sia assolutamente indifferente per la formazione dell’identità del bambino. Già nella fase intrauterina il bambino cerca di instaurare una relazione con la madre attraverso tutta una serie di movimenti eterodiretti. Una volta che il bambino viene alla luce, il corpo della madre e del padre mediano il mondo psichico del bambino, e mediano due comportamenti diversi: il ruolo paterno può essere giocato solo dal padre, il ruolo materno solo dalla madre. Studi recenti hanno dimostrato come operano i cosiddetti “neuroni specchio”, e la funzione che questi svolgono nell’interpretazione istantanea della realtà attraverso il riconoscimento dei volti (padre/madre, adulto/bambino, ecc) e delle espressioni del viso (allegro, triste, preoccupato, ecc), una interpretazione che non è mediata da alcun processo concettuale o linguistico, ma si attua attraverso il “sistema di rispecchiamento”. La funzione di “rispecchiamento”, lungi dall’essere una costruzione sociale, è innata e precocissima nel bambino. Il bisogno primario del bambino è innanzitutto quello di capire chi egli sia e come è fatto. Ma come fa il bambino a riconoscersi? A capire chi è? A capire come è fatto? Lo capisce riconoscendosi in una delle due figure (madre o padre) che ha davanti a sé, e non solo dal punto di vista fisico, ma dal punto di vista psichico e relazionale, identificandosi in una delle due figure e differenziandosi dall’altra. Per questo non sarà assolutamente indifferente per il bambino ritrovarsi con una coppia di femmine o una coppia di maschi come “genitori”.

Infine, Roberto Marchesini, psicologo e psicoterapeuta, ha dimostrato come le ricerche psicologiche esistenti attualmente disponibili sul tema dell’”omogenitorialità indifferente per il bambino” non siano sufficientemente attendibili per affermare che i bambini che vivono in situazioni di “genitorialità” omosessuale o lesbica non vadano incontro a problemi di vario tipo. Molte ricerche tra quelle analizzate sono infatti viziate da molteplici fattori: non forniscono dati a sufficienza per arrivare a risultati concreti e definitivi, esaminano un campione non rappresentativo (amici, parenti, conoscenti, ecc), contengono dei falsi positivi, e alcune arrivano anche ad essere pesantemente viziate da un palese conflitto di interessi (la ricercatrice è madre lesbica).

Roberta Romanello

viaFamiglia e gender: una rivoluzione culturale che viene da lontano.

Print Friendly, PDF & Email
Questa voce è stata pubblicata in Principi non negoziabili. Contrassegna il permalink.

I commenti sono chiusi.