Fatevene una ragione: la famiglia tornerà nel cuore del Paese

La previsione politicamente scorretta del professor Stefano Zamagni ha solide basi scientifiche. In Italia già i primi segnali. Se l’associazionismo cattolico – che già attraverso il Forum delle famiglie dà voce a tre milioni di nuclei familiari – prende maggiore coscienza della sua forza, “le forze politiche non potranno più ignorarla”
dall’inviata Sir a Torino, M.Michela Nicolais

“La famiglia è destinata a tornare al centro dell’attenzione sia delle politiche sociali, sia del processo di sviluppo del Paese”. A fare, attraverso il Sir, questa previsione “politicamente scorretta”, data per sicura “non nel breve, ma nel medio termine”, è Stefano Zamagni, ordinario di economia politica all’Università di Bologna, tra i relatori della 47ª Settimana Sociale. “Il vecchio slogan, che si ripete stancamente dagli Anni Ottanta, per cui ‘la famiglia è finita’, oggi non ha più senso”, incalza Zamagni, che da Torino lancia anche un messaggio preciso alle famiglie cattoliche, chiamate a un nuovo protagonismo. “In Italia – la provocazione dell’esperto – la famiglia ha paura di manifestarsi come tale, nel dibattito pubblico”. Se, invece, l’associazionismo cattolico – che già attraverso il Forum delle famiglie dà voce a tre milioni di nuclei familiari – prende maggiore coscienza della sua forza, “le forze politiche non potranno più ignorarla”. Lo abbiamo intervistato.

Qual è la prima ragione che la spinge a dire, contro la tesi oggi dominante, che la famiglia non è morta?
“La prima ragione deriva dalle trasformazioni già in atto nel sistema del welfare. Siamo passati dal welfare State, basato sui bisogni particolari dei singoli, a prescindere dalla famiglia, alla welfare society, che ha di necessità bisogno della collaborazione delle famiglie – tanto della famiglia singola, quanto delle reti di famiglie – altrimenti non può funzionare”.

Basta questo per argomentare una previsione così “controcorrente”?
“C’è una seconda ragione che ha a che fare con un processo di portata davvero epocale: la fine del modello tayloristico, iniziato un secolo fa e altrove già da tempo abbandonato definitivamente. La transizione a un tipo di organizzazione del lavoro post-taylorista esige la rilevanza della famiglia. Molti imprenditori illuminati hanno già capito che, se non si va nella direzione dell’armonizzazione tra i tempi del lavoro e i tempi di vita della famiglia, il declino delle imprese è segnato. Le aziende sanno, infatti, che non possono fare a meno del lavoro femminile, che in molti comparti è superiore a quello maschile e genera livelli di produttività più alti. Se non si risolve il problema dell’armonizzazione, e le donne che desiderano avere figli si vedono costrette a rimanere a casa, le imprese ci rimettono”.

Perché l’“armonizzazione” è vincente, rispetto alla “conciliazione”?
“Le politiche di conciliazione sono contro la famiglia. Sono pensate per dare opportunità alla donna, per aumentare i redditi, per liberare la donna dalla soggezione maschile, per orientare il potere d’acquisto, per creare asili nido… Tutte cose sacrosante, ma che non hanno niente a che fare con la famiglia. Del resto, il termine conciliazione rimanda a un conflitto, mentre il termine armonizzazione fa pensare a un’orchestra, dove gli strumenti sono diversi ma in armonia tra di loro”.

C’è una correlazione tra famiglia e “benessere”?
“Certamente che c’è, basta pensare a tutte le ricerche sulla cosiddetta ‘curva della felicità’. E questo è il terzo motivo per cui prevedo che la famiglia nel prossimo futuro tornerà al centro dell’attenzione: oggi le statistiche dicono che la famiglia è un generatore di felicità. A parità di condizioni, chi vive in famiglia dichiara un livello di felicità superiore a chi vive da solo. Il vecchio slogan, che si ripete stancamente dagli anni Ottanta, per cui ‘la famiglia è finita’, oggi non ha più senso”.

Come si concilia la sua previsione “politicamente scorretta” con la fragilità e le difficoltà delle famiglie che si sono acuite con la crisi?
“La fragilità e le difficoltà delle famiglie, che risalgono a tempi ben anteriori allo scoppio dell’attuale crisi economica e finanziaria, derivano dal fatto che fino ad ora non esiste in Italia una politica per la famiglia. Ci sono solo provvedimenti sulle famiglie, che riguardano singole situazioni familiari, ma finora una politica per la famiglia non è mai esistita: esistono provvedimenti per gli asili, per le persone non autosufficienti, per i portatori di handicap, ma sono sempre interventi di tipo individuali e non rivolti al nucleo familiare nel suo insieme. Le politiche familiari devono prendere la famiglia come riferimento, per poi orchestrare le diverse misure a suo favore: finora, invece, si è fatto sempre il contrario, basandosi sui bisogni singoli e prescindendo dai legami nel contesto familiare. Un esempio per tutti: l’Isee e la Tares. Quando si tratta di dare allo Stato, il terzo figlio pesa moltissimo, quando invece si deve ricevere dallo Stato, pesa pochissimo. Eppure la famiglia è sempre la stessa…”.

Fonte: SIR – Servizio Informazione Religiosa – Prima Pagina.

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