Finita la guerra Hitler avrebbe distrutto la Chiesa cattolica

Chi sostiene che ai tempi del nazismo la Chiesa fosse complice di Hitler si scontra con l’opinione della maggior parte degli storici dell’Olocausto, convinti che il dittatore tedesco avesse in mente di eliminare il cristianesimo (ad esempio l’ebreo George L. Mosse, William L. Shirer, Jack R. Fischel ecc.). Persino coloro che affermano che il nazismo fosse un’ideologia cristiana devono ammettere che la fede del Fhürer non coincideva con quella delle chiese tradizionali (cfr. Richard Steigmann Gall, “Il santo Reich”, Milano 2005). È innegabile, infatti, che durante i dodici anni di vita del Terzo Reich, la Chiesa dovette subire restrizioni e vessazioni perché giudicata ostile dal governo nazista.

La notizia non è certo una novità dato che è stata trattata persino durante il processo di Norimberga. Uno dei capi d’accusa imputati al leader nazisti era la persecuzione religiosa. L’accusa dichiarò infatti: «Essi (n.d.a. I cospiratori nazisti) hanno dichiarato il loro obiettivo di eliminare le chiese cristiane in Germania ed hanno perciò cercato di sostituirle con le istituzioni e le credenze naziste; in ordine di ciò hanno perseguito un programma di persecuzione di sacerdoti, chierici e membri di ordini monastici che essi ritenevano opporsi ai loro intenti, ed hanno confiscato le proprietà della chiesa» (Robert A. Graham, “Pio XII e il regime nazista. Note dagli archivi tedeschi”).  La politica tedesca verso la Santa Sede fu criticata persino dagli alleati della Germania perché giudicata infruttuosa: nel settembre 1936 Mussolini fu invitato in Germania e chiese a Hitler di mettere la sordina alla sua campagna di odio anticattolico perché intuiva che la politica religiosa del Reich avrebbe reso assai difficile l’accoglimento da parte del popolo italiano la notizia di un’alleanza con la Germania. La richiesta fu respinta (Denis Mack Smith, “Mussolini” Milano 2002, p. 335). Agli inizi del 1933 il Vaticano stipulò un concordato con il nuovo stato tedesco. Questo atto, che è stato visto come un segno di connivenza con il regime, era in realtà un tentativo di proteggersi da esso. Pacelli dichiarerà all’ambasciata inglese che era come se «una pistola gli era stata puntata sul capo e non aveva alternativa» (A. Tornielli, “Pio XII. Eugenio Pacelli, un uomo sul trono di Pietro”, Milano 2007, p. 1935). Del resto, Hitler non era intenzionato a rispettare gli accordi e fin da subito si susseguirono numerose violazioni, tanto che nei successivi quattro anni si ebbero settanta proteste ufficiali rimaste praticamente senza risposta (A. Tornielli, op. cit. pp. 195-238).

I nazisti erano intenzionati a distruggere l’influenza della Chiesa nella società e si adoperarono a far chiudere scuole, giornali e associazioni cattoliche, a licenziare i religiosi dalle scuole pubbliche, a togliere i crocifissi dagli edifici, a limitare i pellegrinaggi, a confiscare monasteri e a proibire la pubblicazione di articoli a carattere religioso (A. Riccardi, “Il secolo del martirio”, Milano 2000 pp. 63-83). Il regime non intendeva condurre una guerra aperta (i cattolici, pur essendo una minoranza, erano circa il 40% della popolazione), ma preferiva gettare discredito su un’istituzione considerata nemica attraverso una campagna di calunnie, sebbene non mancassero atti di violenza e uccisioni: «Più di un terzo del clero secolare e un quinto circa del clero regolare, ossia più di 8000 sacerdoti furono sottoposti a misure coercitive, 110 morirono nei campi di concentramento, 59 furono giustiziati, assassinati o perirono in seguito ai maltrattamenti ricevuti» (da G. Miccoli, “I dilemmi e i silenzi di Pio XII”, nota 54, p. 444). Dal conteggio sono ovviamente esclusi i laici vicino alla Chiesa e i sacerdoti uccisi o imprigionati nei territori occupati. Per questo a partire dal 1935 si orchestrarono processi contro preti e religiosi accusati di contrabbando di danaro e abusi sessuali seguiti con molta attenzione della stampa. Nel frattempo, la propaganda continuò a presentare il Papa come un nemico della Germania con ascendenze ebraiche (A. Duce, “La Santa Sede e la questione ebraica (1933-1945)”, Roma 2006 p. 56).

Per contrastare questa situazione, Pio XI emanò l’enciclica Mit brennender sorge (“Con viva ansia”) nella quale si denunciavano il razzismo neopagano e le difficili condizioni a cui era sottoposta la Chiesa. La diffusione della lettera fu vietata in Germania, mentre gli attacchi contro i cattolici erano tollerati, per non dire incoraggiati. Il caso limite fu quello di Alfred Rosenberg, ideologo del partito nazista, che pubblicò un libro ferocemente antisemita, “Il mito del XX secolo”, nel quale attaccava anche la Chiesa e il cristianesimo  («La nostra anima è stata contaminata dagli ebrei e ciò è stato fatto per mezzo della Bibbia e della Chiesa Cattolica», si legge). Ufficialmente il libro era una produzione privata, ma in pratica, era raccomandato dal giornale ufficiale delle SS, adottato come testo nei campi di lavoro, nelle case di gioventù, nelle scuole secondarie e d’istruzione superiore e gli attacchi contro di esso venivano censurati. In una protesta al governo tedesco, Pacelli farà notare che «e il signor Rosenberg […] attacca in modo inaudito e vilipende la fede cristiana, le istituzioni ecclesiastiche compreso il papato, la più alta autorità della Chiesa, egli viene dichiarato uomo privato. Ma quando i fedeli e i vescovi protestano contro la propaganda anticristiana del signor Rosenberg […] allora è dichiarato alto funzionario dello stato e del partito e ogni difesa contro i suoi attacchi anticristiani viene dichiarata delitto contro lo stato nazionalsocialista» (da S. Falasca, “Un vescovo contro Hitler” Milano 2006 pp. 108-109 ).

La campagna antireligiosa fu tutt’altro che inefficace e migliaia di fedeli abbandonarono ogni annola loro confessione (G. Lewis, “I nazisti e la Chiesa”, Milano 2002 pp. 232-233). L’obiettivo ultimo della politica religiosa del nazismo era, infatti, quello di fondare una chiesa nazionale tedesca che avrebbe sostituito la fede in Gesù Cristo nel mito del sangue e della razza ariana. Nel fare questo si cercò di sostituire riti e festività cristiane con nuove feste nazionalsocialiste: s’istituì la festa del solstizio d’inverno per cercare di soppiantare il Natale, si tennero manifestazioni la domenica mattina durante l’orario della Messa e, negli istituti si giunse a proibire il battesimo dei neonati sostituendolo a nuovo rito di iniziazione nella “comunità germanica” (G. Sale, “Udienza al diavolo nazista”).  Ad ogni modo, Hitler era intenzionato per prima cosa a eliminare gli ebrei e a vincere la guerra, e per questo decise di sistemare la questione religiosa dopo la vittoria (che non arrivò). In particolare l’8 maggio 1942 affermò che avrebbe preso le debite misure contro la Chiesa, non appena fosse finita la guerra (le intenzioni di Hitler verso la Chiesa sono comunque documentate dai diari di Joseph Goebbels, dalle memorie di Albert Speer e dalla raccolta di monologhi di Martin Bormann).

Mattia Ferrari

Fonte: UCCR.

TAGS: Christianophobia, Christophobia, cristianofobia, Cristofobia, Chiesa, fede, discriminazioni, persecuzioni, cristiani, copti,  Africa, Europa, Asia, America, Medio Oriente, laicismo, Indù, Islam

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