Gli atei si accorgono che l’UAAR è un’associazione religiosa | UCCR

 

Manifesto uaarNonostante lo avessimo fatto notare da tempo, finalmente diversi atei militanti si sono spiacevolmente accorti che l’Unione Atei Agnostici Razionalisti (UAAR) considera l’ateismo una “confessione religiosa”, se stessa una “associazione religiosa” ed infine la scelta di iscriversi ad essa, diventando socio UAAR, una “precisa scelta religiosa”.

Sono parole ufficiali, alcune presenti nello statuto UAAR, riprese nel Ricorso straordinario al Capo dello Stato del 30/5/1996“ che l’associazione integralista ha intrapreso per iniziare le trattative con lo Stato per vedere riconosciuto il diritto alle intese, regolamentato dall’articolo 8 della Costituzione, previsto solo per le confessioni religiose diverse da quella cattolica. Tutto questo comporterebbe vantaggi morali e concreti, come l’attribuzione dell’8×1000 e l’insegnamento dottrinale nelle scuole pubbliche, vantaggi che secondo l’associazione sarebbero «discriminatori nei confronti degli atei, qualora non fossero messi a disposizioni anche delle associazioni di atei».

Le contraddizioni sono evidenti: come si può combattere la presenza pubblica della religione se loro stessi, -confessione religiosa che pratica una religione-, si affannano per essere riconosciuti pubblicamente come tale? Con quale coraggio criticare il meccanismo dell’8×1000 se poi presentano ricorsi per poterne a loro volta beneficiare?

Per questo sul forum “Atei italiani”, qualcuno (che deve avere letto i nostri articoli), ha ripreso la questione spiegando: «Non so che effetto fa a voi, io sono rimasto negativamente sorpreso […]. Autoclassificandosi esplicitamente come associazione religiosa e aggiungendo che non esiste criterio discretivo tra associazione religiosa e confessione religiosa e dando l’impressione che alla fine tentino semplicemente di accaparrarsi una quota di ciò che criticano. Questa è l’impressione che ha dato a me, magari mi sbaglio, ma mi sembra un gigantesco passo falso». No, non c’è nessun errore come sottolinea un altro forumista, decisamente più diretto: «mi pare chiaro che si vogliono spacciare come “religione” per accaparrarsi quel 3per1000 in più derivante dall’ipotetico passaggio dal 5×1000 all’8×1000. Io con la mia prosa spicciola lo chiamo “vendersi il culo”».

Qualcuno ci tiene a chiarire che «l’UAAR non ha ricevuto alcun mandato di rappresentanza da tutti gli atei», altri cadono dalle nuvole: «Non ne sapevo niente del ricorso. Sono senza parole». Un utente offre una soluzione: «come per lo sbattezzo basterebbe uscire formalmente da UAAR e chi resta facesse quello che gli pare».

Interviene anche un amministratore del forum, che è anche un socio dell’associazione di atei fondamentalisti. «Le dimensioni dell’uaar al momento lasciano poco ben poco spazio alla fantasia», sottolinea. «Se non ricordo male siamo circa 4000 soci, ossia un numero impossibile da considerare come appunto “rappresentativo” di un qualcosa che poi tu stesso (uaar) dici essere relativo a milioni di persone. Io concordo con tutti voi sul fatto che il passo sia delicato e molto, molto a rischio di pestamento di merda». L’amministratore del forum critica l’individualismo degli atei che non vogliono finanziare economicamente l’UAAR perché «avere maggiori risorse potrebbe significare poter iniziare a fornire (queste cose costano e costano parecchio) assistenza laica negli ospedali, per i poveri, ecc insomma svincolare dal contesto religioso le attività solidali. Potrebbe (e l’uso del condizionale è d’obbligo) rappresentare una strategia di cavallo di troia per poi potersi muovere in un ambito più ampio».

Si resta sbalorditi: intraprendere attività per i poveri come strategia per acquisire reputazione e benevolenza pubblica, per poi agire con meno resistenze in campo anticlericale e antiteista? D’altra parte è più o meno il passaggio simile che ha escogitato la dirigenza stessa dell’UAAR per recuperare in termini di credibilità dopo i numerosi scandali interni, chiamando esperti per la consulenza dell’immagine. Per “sedurre” nuovi “clienti” e vendere di più il “prodotto”, gli esperti di marketing hanno dato vari consigli sopratutto tesi a far apparire in primo piano i “diritti umani” e non mostrare la «bassa rilevanza argomentativa, doverismo, aggressività» che invece hanno caratterizzato il modus operandi dell’UAAR in questi anni. Non sono mancate nemmeno in questo caso le reazioni sdegnate dei simpatizzanti: «Sinceramente, mi viene da vomitare all’idea che si sia considerati un “oggetto da vendere” e quindi da “rendere accattivante”. Se devo dirla tutta nemmeno la Chiesa ha degli atei una così scarsa considerazione», ha scritto un utente. E ancora: «Un’associazione con obbiettivi culturali e politico/sociali va dietro a strategie di marketing adatte a vendere mutande. Mi sa che siamo parecchio fuori strada».

La redazione

Fonte: Gli atei si accorgono che l’UAAR è un’associazione religiosa | UCCR.

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