I cristiani e la guerra in Siria

AGO 8, 2018 

Si stima che prima del conflitto i cristiani rappresentassero il 10% della popolazione siriana e che, dopo l’inizio della guerra,dai 300mila ai 900mila cristiani siano stati costretti a lasciare il Paese. La guerra ha assunto tratti settari salienti ma non completamente accentuati, dato che il governo di Damasco ha potuto contare sul saldo appoggio di buona parte della popolazione musulmana e della stragrande maggioranza dei cittadini di fede cristiana, che temevano il fanatismo delle bande dell’Isis e di gruppi simili come Al Nusra. Ora che le forze del legittimo governo di Damasco si avvicinano al successo finale, è importante rilevare l’importanza che la restaurazione delle prerogative della minoranza cristiana in Siria avrà per poter riportare il Paese alla normalità. E, per farlo, è necessario sottolineare l’importanza della Siria nella storia della cristianità.

La Siria è la culla del cristianesimo

In un certo senso, il cristianesimo è nato in Siria: proprio sulla via di Damasco avvenne la straordinaria “folgorazione” e conseguente conversione di Paolo, futuro apostolo missionario che portò verso Occidente, verso il cuore dell’Impero romano, le prime forme istituzionalizzate della fede in Cristo.

In Siria furono probabilmente scritti il Vangelo secondo Matteo e il Vangelo secondo Luca, la Didaché e il Vangelo di Tommaso, e sul suo suolo la lingua greca era in contatto con la lingua aramaica;  molto poco noto è che ben sette Papi ebbero origini siriane, e l’ultimo di questi, Gregorio III (731-741) è stato l’ultimo pontefice nato fuori dall’Europa prima di Francesco.

Per i cristiani, parlare della Siria significa parlare delle proprie radici, delle proprie origini, dell’inizio di una lunga storia. La cristianità siriana, oggigiorno, si divide in un multiforme ed eterogeneo mosaico di riti tra cui spicca, per dimensione, la Chiesa greco-ortodossa di Antiochia, dal nome dell’antica città dove secondo gli Atti degli Apostoli i cristiani iniziarono a definirsi tali, ma anche importanti comunità come quella armena, siriaca e cattolica, a sua volta caratterizzati da comunità di rito assiro e caldeo.

I cristiani di Siria e la guerra civile

Per lungo tempo ai cristiani di Siria è stato permesso di vivere pacificamente nel contesto multiculturale del Paese, che il regime autoritario degli Assad ha sempre voluto plasmare su basi laiche. Nel 2007, mentre nell’Iraq devastato dalla guerra per i cristiani la deriva settaria assunta dal conflitto civile iniziava a causare forti problematiche Mar Gregorios Yohanna Ibrahim, metropolita siro-ortodosso di Aleppo, dichiarava alla rivista 30 Giorni che il regime degli Assad si era sempre dimostrato tollerante per le prerogative della cristianità siriana.

Giovanni Paolo II assieme a Bashar al Assad durante una visita apostolica in Siria nel 2001 (LaPresse)

Giovanni Paolo II assieme a Bashar al Assad durante una visita apostolica in Siria nel 2001 (LaPresse)

Lo scoppio del conflitto civile nel 2011 ha sconvolto i fragili equilibri in cui viveva la Siria baathista. Anche per i cristiani di Siria la situazione è cambiata drasticamente, complice l’ascesa di gruppi islamisti radicali a trazione salafita che hanno fatto dell’intolleranza religiosa il loro tratto distintivo e hanno portato intolleranza e divisione nelle aree via via occupate dalle milizie dell’Isis, di Al Nusra e di gruppi affini. Logico, in questo contesto, che i cristiani si schierassero compatti a fianco del legittimo governo siriano. Come noto, i problemi posti alla sopravvivenza dei cristiani in Siria dall’ascesa jihadista hanno interessato poco o nulla le cancellerie occidentali annebbiate dalla cieca opposizione al regime di Damasco.

Il cristiani di Siria sono garanti della diversità

In Siria, finalmente, ora si ricomincia a parlare, finalmente, di ricostruzione, di futuro: e in questo futuro si prende consapevolezza di come la cristianità regionale possa giocare un ruolo decisivo. Decisivo in quanto improntato a un sostegno alla laicità degli Stati mediorientali messa in discussione dalla guerra e dal ricollocamento delle popolazioni che rischia di dare origine a nuove linee di faglia etniche e confessionali; ma al tempo stesso decisivo perché, per lungo tempo, le Chiese hanno svolto un ruolo concreto di garanti della diversità culturale in regioni polarizzate tra sunniti e sciiti. Come ha scritto Fulvio Scaglione ne  Il Patto con il Diavolo“hanno imparato a convivere con una religione e una cultura che aspirano al monopolio, e hanno saputo sfruttare le sue non rare oasi di tolleranza e moderazione e sopravvivere alle sue pulsioni peggiori”.

Il futuro incerto.

Mario Zenzari, uomo “con la mimetica macchiata di porpora”, è l’unico nunzio cardinale al mondo, “un riconoscimento del Papa al popolo siriano”, come lui stesso ammette.

Dalle parole di Zenzari in un’intervista ad Avvenire traspare non solo una grande consapevolezza delle problematiche della Siria, martoriata da una guerra civile in cui “il presidente Assad ha le sue grandi responsabilità, come le hanno i tanti altri attori sulla scena militare siriana” ma che soprattutto è destinata ad affrontare il problema della ricostruzione morale del dopoguerra: “È il momento opportuno per non fare distinzioni tra cristiani e sunniti e alauiti. Ho udito un anziano islamico che, in coda per ricevere aiuti alla Caritas, diceva: ‘Allah è grande! Gli infedeli sono venuti ad aiutarci!‘. C’è bisogno di questa presenza cristiana che accoglie e unisce i cuori. Tra l’altro, quest’azione di misericordia sarà il lasciapassare per un futuro di pace in queste terre proprio per i cristiani”.

Cristiani che, giorno dopo giorno, danno una grande lezione a noi occidentali. Scaglione, nel suo saggio, si chiede: “Perché, dunque, non proviamo ad ascoltare con animo sgombro queste persone che, per dirla con una battuta, sono più mediorientali dei mediorientali, più arabi degli arabi, e, in aggiunta, praticano in un ambiente difficile, quando non ostile, gli stessi valori cristiani che noi occidentali che oggi noi pratichiamo meno ma su cui è stata comunque costruita la nostra civiltà?”. La risposta a questa domanda, di fatto, è ancora da scrivere.

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