I presunti privilegi di chi insegna religione

di Gabriele Mangiarotti

Oggi i motivi di attacco al Signore e alla sua Chiesa non solo sono moltissimi, ma si ammantano spesso di ragioni fasulle, capaci però di ingannare i semplici.

Un caso esemplare è quello della questione che si scatena periodicamente intorno all’insegnamento della Religione Cattolica nelle scuole. Non solo abbiamo avuto una brutta esternazione del Ministro della Pubblica Istruzione che chiedeva l’abolizione della qualifica di «cattolica» dalla materia in oggetto, ma, pochissimo tempo fa, un giornalista attaccava la Chiesa perché l’Ordinario avrebbe negato l’idoneità ad una insegnante di religione che – sono sue parole – «non va a Messa e per di più convive». Abbiamo ricordato: «Che ne diremmo di un docente di “Italiano” che parlasse in dialetto? O di un docente di “Matematica” che non sapesse far di conto?
Al docente si chiede coerenza tra quanto insegna e quanto vive, perché la religione cattolica in chi la professa – e il Docente si suppone che lo sia – non può prescindere dalla vita della persona.
L’allievo, invece, può accettare o rifiutare quella fede che gli viene presentata non come proposta di fede, ma come animatrice della sua cultura, o meglio della cultura del popolo in cui vive.»

Un secondo esempio è il recente attacco agli insegnanti di religione perché il MIUR ha richiesto gli adempimenti retributivi, derivanti dal CCNL (il contratto nazionale, per intenderci, che riguarda tutti i lavoratori) e che sarebbero interpretati come un favore (e quindi un privilegio) fatto alla Chiesa. Non entro certo nel merito delle questioni tecniche, certo quello che sconcerta è il continuo stillicidio di notizie, nella speranza (noi vorremmo che fosse illusione) che in questo modo i tanti giovani che si accostano alla quasi ormai unica forma di conoscenza del fenomeno cristiano, se ne disamorino, rinunciando a tale insegnamento. Ed ecco come su CulturaCattolica.it Nicola Incampo spiega la questione sollevata dall’articolista dell’Espresso: «Veniamo alla questione degli insegnanti di religione cattolica. Innanzitutto è da anni che mostriamo che a scuola non si fa “catechesi” ma un insegnamento “culturale”.» Basta leggere le indicazioni nazionali per l’IRC che via via sono state aggiornate nelle riforme scolastiche. È falso affermare che s’insegna la “dottrina”, nel senso della catechesi.

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