I vescovi americani e i venti di guerra – Vatican Insider

Analogie e differenze fra le posizioni della Chiesa cattolica statunitense sulle crisi in Siria e Iraq.

John Allen Jr*

Quando gli Stati Uniti andarono in guerra contro l’Iraq dieci anni fa, molti osservatori notarono una differenza di tono nell’opposizione alla guerra fra papa Giovanni Paolo II e i vescovi americani. Mentre Wojtyla era completamente contrario alla guerra, l’episcopato Usa si opponeva ma con meno forza.
Il vescovo di St. Petersburg, in Florida, Robert Lync, andò oltre, sostenendo  che “sfortunatamente, la chiesa cattolica statunitense ha fondamentalmente dato il via libera al Presidente George W. Bush” per la guerra in Iraq e i vescovi “non hanno difeso con la dovuta forza il Beato Giovanni Paolo II” che cercava di fermare la guerra.
Questa volta invece, la posizione dei vescovi americani – contro l’intervento armato in Siria – sembra essere più chiaramente in linea con quella di Francesco e il corpo diplomatico Vaticano.
Il 5 settembre, il cardinale di New York e presidente della conferenza episcopale americana Timothy Dolan, il presidente del Comitato sulla giustizia internazionale e la pace della Conferenza dei vescovi Usa e il vescovo Richard E. Pates di Des Moines, Iowa, hanno scritto a tutti i membri del Congresso Usa, dicendo loro che un attacco militare “sarà controproducente, peggiorerà una situazione già tragica e avrà delle conseguenze negative indesiderate.”
Questa posizione dei vescovi è molto meno ambigua rispetto a quella di una decada fa, quando i pastori americani chiedevano se la campagna per cacciare Saddam Hussein fosse considerata all’interno dei parametri di una guerra giusta.  La nota dei vescovi aggiunge però che “le persone di buona volontà potrebbero avere idee diverse su come applicare le norme di una guerra giusta in certi casi, specie quando ci sono rapidi sviluppi e i fatti non sono del tutto chiari.”
La Casa Bianca  e vari commentatori hanno sfruttato questa frase, insinuando che non esiste una posizione ufficiale cattolica  e che i cattolici in buona fede possono appoggiare la guerra.
Ci sono almeno cinque fattori dietro questa posizione, nessuno dei quali sembra essere valido per il conflitto in Siria. Innanzitutto, è inevitabile che i vescovi locali abbiano una maggiore sensibilità verso l’opinione pubblica rispetto Roma che è orgogliosa di poter prendere le distanze necessarie per essere obiettiva. Nel 2003, la rabbia scatenata dopo gli attentati dell’11 settembre, aveva ancora una grande influenza sulle discussioni di politica estera negli Stati Uniti e l’opinione pubblica americana era divisa più o meno a metà sulla guerra in Iraq.
Attualmente l’opinione pubblica appare molto più contraria alla guerra in Siria.  Il 4 settembre la Pew Forum ha pubblicato i risultati di un sondaggio che rivela come solo il 29% degli americani è a favore di un attacco militare. Un altro sondaggio della “ABC News” e il “Washington Post” dice che sei americani su dieci si oppongono a un attacco unilaterale da parte degli Usa e il 70% sono contrari al rifornimento di armi ai ribelli siriani.
Secondo punto; Dieci anni fa esisteva un gruppo di cattolici conservatori piuttosto autorevole che difendeva la guerra. Nel 2003 un gruppo di quasi 50 noti laici cattolici scrissero a Bush, sostenendo che un attacco preventivo ed unilaterale contro Saddam Hussein avrebbe potuto essere legittimo. Intellettuali cattolici come George Weigel e padre Richard John Neuhaus erano della stessa idea e Michael Novak si recò addirittura a Roma nel febbraio 2003 per cercare di convincere il Vaticano. Fino ad oggi per la crisi siriana, nessun cattolico ha fatto un gesto simile a favore della guerra.
Per evidenti motivi politici, i cattolici conservatori che difesero Bush dieci anni fa non vogliono fare lo stesso, ora, con Obama. Mentre i sostenitori cattolici “liberal” di Obama sono notoriamente contro la guerra.
Terzo; I vescovi americani erano vicini alla Casa Bianca di Bush dieci anni fa perché la vedevano come un alleato quando si trattava di temi riguardanti la bioetica (aborto, eutanasia e difesa della famiglia). Come è noto, il loro rapporto con l’amministrazione Obama e al contrario molto teso. Mentre i cattolici e il presidente sono d’accordo sulle noramtiva che si occupa di immigrazione, hanno dato vita ad un braccio di ferro altamente rischioso riguardo la riforma sanitaria sul tema della contraccezione.
Di conseguenza, i vescovi oggi sono meno preoccupati dell’idea di mettere in imbarazzo il presidente e meno interessati a sprecare la loro buona volontà sulla Casa Bianca di quanto lo fossero dieci anni fa.
Quarto; E’ importante ricordare la posizione in cui si trovavano i vescovi americani nel 2003. Era la fine del 2001 e l’inizio del 2002 quando gli scandali degli abusi sessuali erano appena esplosi, portando alle dimissioni del cardinale Bernard Law di Boston nel dicembre 2002. L’autorità morale della Chiesa cattolica, e dei vescovi in particolare, raggiunse il minimo storico nell’opinione pubblica americana.
In quel contesto, si può capire perchè alcuni vescovi americani fossero riluttanti a esprimere un opinione troppo forte nei dibattiti nazionali. Anche se le ferite causate dallo scandalo pedofilia non sono del tutto rimarginate, oggi i vescovi si trovano in una posizione migliore, grazie alla popolarità del nuovo Papa.
Il quinto punto e forse quello più importante riguarda il tema della libertà religiosa. Dieci anni fa stava iniziando ad assumere importanza nel dibattito pubblico, ora i vescovi americani la considerano una assoluta priorità. In questo contesto sono più sensibilizzati al tema della persecuzione contro i cristiani del mondo, particolarmente nel Medio Oriente.
I vescovi sanno che i cristiani erano le principali vittime del caos che seguì la caduta del regime di Saddam e oggi sentono gli stessi gridi d’allarme dai leader cristiani in Siria. E’ probabile che queste preoccupazioni avranno un’enorme influenza sulle loro deliberazioni.
Per tutte queste ragioni, se Obama va avanti con l’intervento militare contro la Siria, probabilmente non potrà contare sull’appoggio del vescovi cattolici americani.

 

*Corrispondente dal Vaticano per il “National Catholic Reporter”

Fonte: I vescovi americani e i venti di guerra – Vatican Insider.

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