Il Nobel per la Pace all’Europa senza radici

È un’Europa senza radici quella che ha ricevuto quest’anno il Premio Nobel per la Pace. E non tanto e non solo perché l’accenno alle radici giudaico-cristiane dell’Europa non fu inserito nella bozza di Costituzione europea. È un’Europa senza radici perché riceve il premio in un momento in cui l’istituzione europea vive una forte crisi. Una crisi di valori, prima di tutto, anche se sulle prime pagine dei giornali c’è sempre la crisi economica. Ma in fondo come possono stare insieme Stati con economie e prassi di governo diversissime tra loro se non attraverso valori e principi comunoi? E dove sono questi valori e principi?

Forse sarebbe il caso di chiederselo, nel momento in cui il Nobel per la Pace viene dato ad una istituzione che sembra in via di sfaldamento. Tanto che la Commissione Caritas in Veritate del Consiglio delle Conferenze Episcopali d’Europa – riunitasi lo scorso settembre a Cipro – ha pensato bene di dedicare la propria discussione alla coesione sociale. Ne sono usciti con più domande che risposte. E con la certezza che però le Chiese possono davvero contribuire a creare una cittadinanza europea.

D’altronde, è difficile pensare ad una cittadinanza europea quando a tenere insieme l’Europa sono soprattutto i principi economici. È stato un bene o un male iniziare l’unificazione a partire dall’economia? Se lo chiedeva Jean Monnet, che dell’unità economica fu il principale architetto e che pochi giorni prima di morire, confessava: “Se l’Europa fosse da rifare, comincerei dalla cultura”.

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