Il Patriarca di Venezia: il Papa ci insegna che non si occupano posti, si serve la Chiesa

Ad una settimana dall’annuncio della rinuncia al ministero petrino, è sempre tanto l’affetto e la vicinanza che le diocesi di tutto il mondo stanno dimostrando nei confronti di Benedetto XVI. Al microfono di Isabella Piro , la riflessione del Patriarca di Venezia, mons. Francesco Moraglia : R. – Ho capito ancora di più la grandezza di quest’uomo e di questo sacerdote, perché con questo gesto della rinuncia al Pontificato ha fornito un insegnamento importantissimo: non si occupano i posti, bensì si serve la Chiesa. D. – La grandezza di Benedetto XVI è quindi proprio nella sua umiltà? R. – Sì, proprio nella sua umiltà, che è la vera umiltà cristiana, mai separata dal coraggio; è una fierezza umile di dire Gesù Cristo. E questo è stato il modo in cui il Papa ha detto, ancora una volta, Gesù Cristo: un modo umile e fiero. D. – I fedeli della sua diocesi, la diocesi di Venezia, come hanno reagito alla notizia della rinuncia di Benedetto XVI? R. – Con grande dolore; alcuni li ho sentiti addirittura sgomenti ed ho compreso ancora di più quanto questo Papa, così pacato, così riservato, avesse fatto profondamente breccia nell’animo di molti fedeli. E parlo di persone adulte, vigorose, abituate alle difficoltà della vita, impegnate in ambiti professionali difficili. Quindi credo che veramente sia un uomo che rimarrà a lungo nel cuore della gente, anche per questo gesto. D. – In un messaggio ai fedeli, lei ha sottolineato la libertà racchiusa nel gesto del Papa, “la libertà che non si misura nell’affermazione di sé, ma nell’obbedienza ad un dovere che deriva dalla consapevolezza della propria missione”. Quindi, l’atto di rinuncia di Benedetto XVI rientra in quest’ottica? R. – Benedetto XVI è sempre stato molto consequenziale, molto fedele a quello che diceva, alla sua impostazione generale. Penso che, appunto, questo gesto sia stato proprio la conseguenza di un ascolto che il Papa ha continuamente con il Signore. D. – Che Chiesa lascia Benedetto XVI dopo quasi otto anni di Pontificato? R. – Una Chiesa che ha vissuto degli anni difficili: Benedetto XVI ha raccolto un’eredità grande e gravosa, sia per la grandezza del suo predecessore, ma anche per i problemi che erano rimasti e che ha cercato di affrontare, anche con molto coraggio, cercando di andare alla radice delle questioni. Ho l’impressione che questo Pontificato rimarrà più di quanto molti pensano. D. – Quando Benedetto XVI ha visitato Venezia, nel 2011, lei non era ancora Patriarca della città, ma ha avuto modo di incontrare il Papa in altre occasioni… R. – Sì. L’ho sempre trovato un uomo che cerca di mettere a proprio agio l’interlocutore; pur essendo un grande teologo, ha sempre parlato della fede come la fede dei bambini. Ecco: mi è sempre sembrato che da lui trasparisse questa immediatezza, questa semplicità, questo guardare l’altro, interessarsi all’altro. Questa è stata la mia sensazione. D. – Quali sono i suoi auspici per il nuovo Papa e per il futuro della Chiesa? R. – Che il nuovo Papa risponda a quella che è la domanda fondamentale di Gesù, cioè: “Mi vuoi più bene degli altri?”. Potrà essere teologo, pastore, comunicatore… sono tutte cose molto secondarie. Non che non siano importanti, ma sono cose secondarie. La cosa fondamentale, l’auspicio e la preghiera è che sia un pastore e un uomo che vuole bene al Signore più degli altri. Penso che questa sia la garanzia perché il nuovo Papa possa continuare l’opera di Benedetto XVI….

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