IL RESIDUO DELLA FEDE. | Da Porta Sant’Anna

Oggi la missione più dura che ci sia al mondo è evangelizzare gli Stati Uniti e l’Europa Occidentale, dove la società vive in ciò che si può definire un residuo di cultura cristiana“. Così, con estrema schiettezza, il Cardinale O’ Malley, pochi giorni fa.

Viene da chiedersi perchè vi sia un residuo. Viene da chiedersi cosa questo residuo potrà generare.
E’ lecito chiedersi quali siano le cause, quali le conseguenze.

All’inizio de Il padrone del mondo, Robert Hugh Benson pone sulle labbra del vecchio Templeton una strana profezia, che poteva forse apparire esagerata ai lettori di quel lontano 1907: “E’ certo che in Europa e in America, la lotta è quella tra il cattolicesimo e l’umanitarismo: ogni altra tendenza è priva di ogni effettiva rilevanza“. E poco più avanti il personaggio del romanzo ha modo di precisare: “Occorre però tenere presente che l’umanitarismo è anch’esso una religione o, meglio, lo sta diventando. E’ una religione priva del soprannaturale, è un’altra forma di panteismo (…) e. passo passo, si sta formando un proprio rituale e un proprio credo: l’uomo è Dio, eccetera, eccetera. Anche alte ispirazioni religiose trovano il proprio sbocco nell’umanitarismo (che si nutre di ideali, pur non chiedendo nulla che sia al di sopra delle capacità dello spirito umano). Ci hanno tolto chiese e cattedrali e stanno iniziando a promuovere la religione del cuore. L’umanitarismo può permettersi di spiegare in piena piazza i propri simboli, mentre a noi impedisce di farlo“.

L’umanitarismo non è umanesimo. E’ una sua distorsione. E lo stesso umanesimo non è sempre accettabile.
C’è un umanesimo cristiano e c’è un umanesimo non cristiano. Quest’ultimo può avere aspetti condivisibili, che per noi costituiscono una via percorribile per l’annuncio del Vangelo e per la corretta promozione umana, ma può anche avere risvolti che non possono essere assunti, tanto meno aprioristicamente. Nella Populorum progressio Paolo VI ricordava che un umanesimo esclusivo è un umanesimo inumano. Infatti, una terra organizzata senza Dio finisce per diventare una terra organizzata contro l’uomo.

L’umanitarismo è una ideologia, una chiesa alternativa, e neppure tanto tollerante, come evidenziava Benson. Solo che è difficile discernere le sue idee da quelle di un umanesimo percorribile, a motivo della sua pretesa di costituirsi come una religione del cuore. Non solo i cristiani hanno un cuore, ma nessuno meglio di essi può sapere cosa significhi il coinvolgimento di Dio nelle questioni del cuore. Un Dio che ama e che suscita l’amore, è soltanto il Dio Gesù Cristo.

Il fatto che si passi con la stessa naturalezza dai talk-shows strappalacrime a notizie di vita ecclesiale, non ha una rilevanza secondaria. Piuttosto è la conferma che il cuore può essere facilmente confuso con le emozioni. Semmai è questa la differenza con la concezione di cuore propria dell’umanitarismo: che la nostra riguardi la persona nella sua interezza e nella sua intimità, e non ciò che a livello superficiale coinvolge in modo effimero ed emoziona in un modo ancora più effimero. La tenerezza di Dio scende nelle profondità dell’anima, da dove sgorga la risposta dell’amore. Se Egli si limitasse alla superficie, sarebbe Babbo Natale e non più il Crocifisso. Ma anche la nostra vita diventerebbe una permanente visione di programmi televisivi ad effetto, e non già la possibilità concreta di essere raggiunti nella nostra miseria e salvati.

Le autentiche ragioni del cuore sono espresse nella nostra fede.

Credere in Dio non è lo stesso che credere all’esistenza di Dio.
Il relativismo aggredisce da tempo la fede. Può capitare che il buon cristiano, distratto dalla fretta e da pensieri gravi, non faccia tanto caso ad una piccola, quasi insignificante preposizione. Ma è in quell’ in che tutto sta o tutto cade.

Io credo in Dio. Significa che mi muovo dalla profondità dell’essere verso Colui che mi chiama. Vuol dire che accetto di essere raggiunto da una Parola efficace, da una Presenza, da un Volto. Vuol dire che posso dare la fiducia più radicale. Vuol dire che sono coinvolto, assunto, trasformato. Vuol dire che conosco facendo esperienza di comunione, e che mi immergo in questo mistero man mano che avanzo nella conoscenza. Vuol dire che vivo la Sua stessa vita. E vuol dire tutto quello che ne consegue, a partire dalla Verità che Dio è, la Verità di cui Egli mi rende partecipe. Lo fa  in maniera proporzionata all’uomo, certo. Lo fa attraverso eventi, gesti, parole. Lo fa attraverso proposizioni, che diventano il modo semplice ed immediato di conservarmi nella fedeltà dell’amore e nella certezza di crescere nella Sua conoscenza.
Così io vedo tutto alla luce di quel movimento, di quell’in che è il mio ingresso nella realtà di Dio. Tutto! Anche il mondo, la mia vita, l’uomo che mi sta accanto e l’uomo che non conosco, quello che sono e quello che l’altro è. Se Nel rivelare Se stesso, Dio finisce per rivelarmi a me stesso, anche l’uomo che non sono io è rivelato nell’atto stesso di questa rivelazione.
Se il mio cuore è abitato dalla verità, la grazia di Dio farà scaturire un umanesimo vero. Se la verità si eclisserà, dovrò cercare ragioni che rendano accettabile il mio essere nel mondo come cristiano. Perché anche un cuore organizzato senza Dio finisce per diventare un cuore senza umanità. A meno che non diventi umanità tutto quello che il mondo ritiene degno di questo nome, nonostante le sue infinite e palesi contraddizioni.Se ci interessa veramente l’uomo, dobbiamo saper distinguere la religione del cuore dal cuore della religione. Tutto sommato, senza voler essere semplicisti, il Verbo si è fatto carne proprio per questo. Una sapienza soltanto umana, ancorché partecipe del riflesso del Creatore, non era in grado di salvare nessuno. Nemmeno se stessa. E non perché il Creatore abbia fatto male le cose. Semplicemente perché esiste la libertà. Pensare oggi che la libertà umana abbia in se stessa la capacità di orientarsi per il bene autentico, non significa soltanto negare il peccato e il senso della croce. Significa prendersi in giro, perché nessuno di noi ha una libertà tanto emancipata.

Il residuo non è rimasto perché possiamo dolerci del passato. Ci è stato conservato dalla bontà divina affinché possiamo ripartire, riformando tutto quello che ci impedisce di aprirci all’opera della grazia. Senza dover bussare alle porte dell’umanitarismo e senza dover cedere la ragione della nostra speranza a quella fallaci di un mondo confuso.

don Antonio Ucciardo

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