Il vescovo e il corano | Corrispondenza romana

(di Paolo Rodari su Il Foglio del 22-09-2012) Martiniano, Giovanni Giudici apre le porte all’islam e vuole un Concilio. C’è chi lo accusa di eresia.
I fischi vengono dalle anime più conservatrici del mondo cattolico. E sono diretti a monsignor Giovanni Giudici, 72 anni, presule varesino, vescovo di Pavia dal 2003, vicario generale della diocesi di Milano negli anni ruggenti del cardinale Carlo Maria Martini arcivescovo di Milano.

In scia all’insegnamento dell’illustre biblista ed esegeta piemontese prestato alla pastoralità negli anni in cui sedeva sulla cattedra della diocesi di Milano, e cioè quel Martini che a sorpresa nel 1990 diede abbrivo a un centro di documentazione sulle religioni in cui spingeva anzitutto sulla necessità del dialogo e dell’integrazione con l’islam più che sui temi della reciprocità e della convivenza nonostante le differenze teologiche evidenti, Giudici ha idealmente, e c’è chi dice anche teologicamente, aperto le porte alle forze islamiche presenti a Pavia con una lettera pubblicata il 24 agosto sul settimanale Ticino, organo ufficiale della diocesi.

Una lettera succinta, ma carica di personalità e coraggio. Perché non è da tutti scrivere, come ha scritto lui, che la comunità cattolica della quale si è pastore per mandato pontificio è “in comunione di fede con i musulmani”. Nel messaggio inviato alla “Guida della Comunità musulmana di Pavia” in occasione della fine del Ramadan, Giudici dice esattamente queste parole: “Grati della vostra testimonianza, ci sentiamo in comunione di fede e di preghiera”. Due parole, “comunione di fede” che hanno però provocato roventi critiche e alimentato la tesi,tutta da dimostrare, che un erede di peso il martinismo italiano ce l’ha. Ed è appunto Giovanni Giudici.

Le critiche più roventi alle sue parole si leggono sui siti più conservatori del mondo cattolico romano, fra questi corrispondenzaromana.it, e anche sulle pagine del
sito dei lefebvriani italiani della Fraternità di San Pio X: “In poche righe, il pastore – Giudici appunto, ndr – che dovrebbe aiutare i fedeli pavesi a conservare la fede cattolica è stato capace di infilare una discreta serie di quelle che, fino a poco tempo fa, si aveva la buona creanza di chiamare eresie. Leggere per credere: ‘Come vescovo di questa comunità ecclesiale pavese, voglio esprimere a nome mio e della comunità sentimenti di vicinanza e di presenza alla comunità musulmana pavese, in occasione della chiusura del mese sacro del Ramadan 2012. Sappiamo che avete celebrato la discesa celeste del libro sacro del Corano, applicandovi a una lettura più intensa e pia della parola di Dio e che avete offerto a Dio il sacrificio del vostro digiuno quotidiano. Grati della vostra testimonianza, ci sentiamo in comunione di preghiera e di fede’.

Dal messaggio di Giudici si evince che il Corano è un libro sacro disceso dal cielo. Dunque, se è di origine celeste deve per forza di cose contenere la parola di Dio, parrebbe, proprio come il Vecchio e il Nuovo Testamento. Qui si ha il pudore di usare il condizionale ‘parrebbe’, ma le maiuscole profuse da monsignor Giudici inducono a far piazza pulita di ogni prudenza. Da non sottovalutare neppure l’apprezzamento dell’offerta a Dio del sacrificio quotidiano del digiuno da parte della comunità musulmana.

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