IMU E NON PROFIT – Meglio tardi che mai

L’altro «non pro­fit » s’è sveglia­to, definitivamente. Il mondo delle attività sociali senza fini di lucro è una realtà vasta – cattolica, certo, ma anche di altri e diversi riferimenti ideali, laici e religiosi – che fa migliore la nostra società e offre riferimenti buoni, rendendo un po’ meno grama la vita di tan­ta gente soprattutto in questi tempi di crisi. Non è una realtà solo italiana, ma in Italia è presente in modo unico e speciale, facendo da base a un «wel­fare sussidiario», a una rete di solidarietà che il re­sto dell’Europa non conosce in questa forma, che solo ora sta scoprendo e tentando di imitare (gli in­glesi l’hanno ribattezzato big society) e che, però, le attuali regole vigenti nella Ue non comprendono e, dunque, possono penalizzare.

Una lunga e ostile battaglia politico-mediatica portata appunto sino in Europa,a Bruxelles, al grido di «mor­te ai privilegi della Chiesa cattolica» ha costretto l’I­talia a rivedere le proprie norme in materia di «non profit» tassando una buona parte delle attività di que­sto tipo svolte anche con «modalità commerciali» (bolle di accompagnamento, affidamento in gestio­ne di una mensa o di un circolo culturale pur senza fini di lucro, rette mirate alla pura sopravvivenza di realtà educative e di accoglienza…) e perciò accusa­te di essere attività comunque «commerciali».

Sono le norme varate dal governo Monti dopo un lungo negoziato con la Commissione europea. E se fosse passata integralmente la linea caldeggiata dai nemici del «non profit» (nonché da un incredibile parere di una sezione del Consiglio di Stato che, per fortuna, il governo non ha considerato fondato in quelle argomentazioni) sarebbe stato ancor peggio… Ora anche l’altro «non profit», a cominciare da quello fiorentino e “di sinistra”, ha deciso di farsi sentire sonoramente contro la tassazione pesante e «ingiusta» sui luoghi dove svolge le proprie attività. Fa bene a farlo, anche se un po’ in ritardo.

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