In Mali gli islamisti si ritirano a nord. Hollande andrà fin su a stanarli?

I francesi riprendono Timbuctù “senza sparare un colpo”. Il lato oscuro dei maliani e la strategia di al Qaida

Le forze francesi e l’esercito maliano hanno riconquistato la “boucle du Niger”, quell’ansa del fiume Niger che collega Gao a Timbuctù, due roccaforti islamiste in Mali. I francesi sono arrivati nel centro di Timbuctù “senza sparare un colpo”, come ha dichiarato il comandante della missione, il colonnello Thierry Burkhard. Gli islamisti lasciano passare, non s’oppongono all’avanzata francese, salvo lasciare i loro sfregi ovunque, non soltanto sulla gente di questa città, che ha sperimentato otto mesi e più di sharia, ma anche sull’arte e sulla storia. Il sindaco di Timbuctù ha raccontato che i jihadisti, quattro giorni fa, hanno bruciato l’unica biblioteca pubblica della città, l’Ahmed Baba, quella che conserva circa diciottomila manoscritti di epoca medievale, cinquemila metri quadrati d’edificio nel quartiere Sankorè, centro cultural-religioso della città, con la sua università e la sua antichissima moschea. Come spesso è accaduto nell’“Operazione Serval”, i maliani reagiscono agli sfregi islamisti celebrando l’arrivo dei francesi. La festa della popolazione locale all’arrivo dello straniero, per di più ex colonialista, è un elemento di novità nelle guerre contro il terrorismo: non c’è bisogno di un “Risveglio”, come si chiamava il movimento popolare che in Iraq si schierò contro al Qaida. I maliani sono già svegli, a Bamako nei giorni dell’approvazione dell’intervento, i ragazzini sfrecciavano sui loro scooter sventolando la bandiera francese, ringraziando i “liberatori”, chiamando François Hollande un “héros populaire”. Tanto entusiasmo ha il suo lato oscuro, e mentre i francesi recuperano terreno verso nord, i maliani fanno pulizia interna: esecuzioni sommarie, rappresaglie, una scia di morti senza testa lasciati dall’esercito maliano lungo la via dell’avanzata francese.

L’altro elemento importante è la ritirata jihadista: l’inviato del Nouvel Observateur raccontava ieri che la conquista dei grandi centri abitati è la prima fase della guerra (manca la città di Kidal), “ma ora ne inizierà un’altra, un deserto di 220 mila chilometri quadrati da controllare”. Il rifugio dei jihadisti.

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